Sin dal singolo “Country Sleaze/Scum” del 2016, le Goat Girl si sono mostrate ottime interpreti di un rock diretto e sanguigno con derive verso un “moderato” ed eclettico post-punk; qualità questa confermata dai successivi singoli del 2017 “Crow Cries/Mighty Despair” e “Cracker Drool/Scream”.
Nel 2018 il buon disco omonimo in cui si susseguivano brani brevi (tutti sotto i 3 minuti ad eccezione della bella “Viper Fish” e tra cui si distinguevano le riuscite “Burn the Stake”, “Creep”, la già citata “Cracker Drool”, “Slowly Reclines”, “The Man”, “Throw Me a Bone”, “Country Sleaze”). Con “Goat Girl” iniziava un percorso di elaborazione, con aperture verso ancora più ampie sonorità, di recupero anche in stile “roots rock”, e di incursioni “acustiche” tanto che, sempre nel 2018, veniva pubblicato l’EP “Udder Sounds” contenente (appunto) versioni “acustiche” di precedenti canzoni quali “Scum” (che diventava da sabba), un’alternativa e piacevole “Viper Fish”, una trascinata e trascinate “The Man” (in versione blues) e delle poco convincenti “Lay Down” e “Cracker Drool” entrambe ree di un’elettronica fuori posto.
Nel 2021 la consacrazione con “On All Fours” e il passo verso una più funzionale scrittura alt pop, come da subito messo in chiaro con “Pest”, “Bang”, “Where Do We Go From Here?”, “A-Men”; i brani ormai superano anche tutti i 3 minuti, le vecchie sonorità punk-rock/post-punk fanno spazio ad un’elettronica più spinta e il piglio diviene “radiofonico” come in “Closing In” e nei singoli “Sad Cowboy”, “The Crack” e “Badibaba” (se si esclude la coda finale). Momenti di “sperimentazione” sono demandati a “Jazz (In the Supermarket)”, mentre ciò che sarà di là da venire si ascolta tra i solchi di “Once Again”, “Anxiety Feels”, “They Bite on You” … tutto si ingentilisce e si ammorbidisce perdendo carica viscerale.
Ora, nel 2024, con “Below The Waste” (Rough Trade) le Goat Girl, con la co-produzione di John Murphy, perfezionano quanto di buono proposto con “On All Fours” compiendo al contempo un passo in avanti in termini di qualità e di equilibrio e un passo indietro verso composizioni nuovamente più “pure”, declinando un indie rock misto a folk e a synth pop per quello che è a parere di chi scrive lavoro discografico fino ad oggi dato alle stampe, intriso di umori che evocano il cantautorato al femminile degli anni novanta che da Lisa Germano arriva a Lida Husik.
Dopo la breve “Reprise“, ecco prima la perfetta “Ride Around” seguita, poi, dalla splendida ballata “Words Fall Out“.
Ottima anche “Play It Down” che si distingue da subito per il giro di basso e per l’apertura di synth.
Non di meno è “TCNC” con i suoi toni epici da cerimoniale post industriale.
Vincente è la linea vocale dell’esatta cupa e disturbata “Where’s Ur <3” (che al primo ascolto mi ha ricordato l’eccezionale “Filthy Underneath” di Nadine Shah, stesso effetto lo sortirà poi “Motorway”).
“Perlude” è intermezzo acustico che si fonde all’intima e bucolica “Tonight” che si esalta nel crescendo finale e chiude un primo lato di ottima fattura.
Girato il vinile e posizionato sul “Fish Side”, l’ascolto prosegue con “Motorway“, anch’essa giusto synth pop intriso di richiami agli anni novanta.
Trentasette secondi di “S.M.O.G” e perfette per delicatezza appaiono “Take It Away” e “Pretty Faces” che forniscono una sequenza d’ascolto da “mainstream” di classe.
“Perhaps” è brano da cantautorato indie anni novanta fratturato nel suo mezzo da visioni abissali, impronta di fine millennio che sconfina in più ardite sperimentazioni ai limiti del post rock in “Jump Sludge“.
Se “Sleep Talk” mantiene alta l’attenzione, la narrativa e composita “Wasting” tra abrasioni, archi e cambi di registro e di atmosfere congeda un disco bello e pienamente riuscito.
Menzione particolareggiata va infine alla splendida copertina (e grafica in generale).
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