Nel 2017, il personale omaggio a Glenn Danzig dei The Misfits, con l’EP “Last Caress”, e poi, nel 2018, Vera Sola (Danielle Aykroyd all’anagrafe, nonché figlia del celebre Dan Aykroyd) dà alle stampe il suo LP d’esordio “Shades” (anticipato dai due 7” “Small Minds/Blood Bond” e “The Colony”), lavoro discografico caratterizzato da un avvolgente cantautorato (come testimonia degnamente la bella “Small Minds”), ma anche da momenti più “sperimentali” (come “Circles”), tirati (come “Loving, Loving”), psichedelici (come “The Cage”) o “mirati” (come “The Colony”); su “Shades” non comparirà “Blood Bond”, brano su cui torneremo comunque successivamente poiché incluso in “Peacemaker”. Menzione particolareggiata va inoltre alla splendida foto di copertina di “Shades”.
Nel 2018 ancora una versione di “The Colony” remixata da Zola Jesus e, nel 2019, il singolo “Crooked Houses”/“Loving, Loving (Acustic Reprise)”.
E così, a distanza di sei anni da “Shades”, Vera Sola pubblica il suo secondo LP: l’ottimo “Peacemaker” (City Slang), in cui affina e arricchisce tutto quanto di buono espresso in precedenza, intensificando gli umori e i “toni”, limando gli eccessi, equilibrando la scrittura e ampliando la strumentazione impiegata e i musicisti coinvolti (mellotron, moog, archi, fiati, organi, chitarre acustiche ed elettriche, sintetizzatori, pianoforte, percussioni …), come da subito dimostra la riuscita “Bad Idea”.
Giusta è nell’enfasi vocale l’incalzante “The Line”, con il suo incedere ruvido da confine messicano e le sue più abrasive aperture.
Se calde e corporali come una notte estiva sono “I’M Lying” (“I love you I love you I love you I love you I’m lying”) e “Get Wise”, perfetta nel suo essere retrò e nei richiami al già sentito è la coinvolgente “Desire Path” che si sublima nella strumentale coda finale.
Chiude il Side 1 “Waiting”, dalle piacevoli screziature da ballata country.
Il tempo di girare il vinile ed è la volta dell’abbraccio di “Bird House” a cui segue la desertica, psichedelica e acida “Hands”, anch’essa sublimata dalla coda strumentale.
Con “Is That You” l’ascolto entra in una (tra)sognata e ovattata narrazione da fiaba decadente.
“Blood Bond” continua con il mantenere alta la qualità del disco con il suo ineccepibile e inaspettato cambio di registro in seno tra l’alt pop e rock noise (“Give Up Your Bones/Give Up Your Bones/Give up, give up your bones/Your bones, your bones/This blood is not your own ….”), per quello che nel complesso è probabilmente il momento più compiuto dell’intero “Peacemaker”.
“Instrument Of War” è sospesa tra la terra e il cielo, tra il paradiso e l’inferno, tra la vita e la morte (“The peaceman’s a liar/It was the Lord who built the hellfire/And now he’s gonna see what I’ve got in store/He’s gonna see a woman that he built for war”), si esalta con il suo cambio di ritmo e chiude un disco esatto, avvolgente e caldo … illuminato anche nei suoi momenti “bui” … “Make way for the dark to set us under/Our city by the ashes, overthrown …” (canta in “Bad Idea”) …. “’Causе it’s all just a long dark circle …” (canta in “The Line”).
Di pregio, infine, il curato libriccino allegato al vinile.
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