Premetto che non sono mai stato un estimatore del David Gilmour solista; se con i Pink Floyd, Gilmour era riuscito a essere “unico” e fondamentale, tanto da dare alle stampe anche con i Pink Floyd stessi, dopo l’abbandono di Roger Waters, due dischi comunque ben fatti quali “A Momentary Lapse of Reason” del 1987 (da citare “Learning to Fly”, “On the Turning Away”, “Sorrow”; celebre il concerto a Venezia del 15 luglio 1989, dal Another Lapse European Tour, entrato nella storia) e “The Division Bell” del 1994 (da citare “What Do You Want From Me”, “Coming Back to Life”, “Keep Talking”, “High Hopes”), a proprio nome aveva sempre mostrato poca ispirazione, carenza che si era poi palesata anche nel discutibile “The Endless River” del 2014 a nome “Pink Floyd” (sebbene il materiale risalisse in parte a registrazioni del 1993/1994: “… an album put together principally from recordings in 1993/1994 for The Division Bell, along with additional material recorded in 2013/2014 …” – si legge sul sito https://www.pinkfloyd.com/history/timeline_2014.php consultato il 25 aprile 2024), e in alcune collaborazioni come ad esempio quella con i The Orb.
Se si tralasciano le tre parti di ”The Narrow Way” contenute su ”Ummagumma” del 1969 dei Pink Floyd (il contesto e il momento storico sono ben altri), il solo omonimo “David Gilmour” del 1978 aveva palesato spiragli di luce con la bella cover “There’s No Way Out of Here” degli Unicorn di Ken Bake, con “Rise My Rent”, “Mihalis”, “No Way” …, intuizioni in parte minore e con meno successo (anche perché impregnato di sonorità anni ottanta) replicate dal successivo “About A Face” del 1984 (da annoverare “Murder”, “Love on the Air” … – in “About A Face”, tra i solchi, si intuivano però alcune buone idee che sarebbero poi confluite e messe meglio a fuoco nei succitati dischi dei Pink Floyd), perdendosi invece i lavori successivi in un’indefinita e impalpabile nube, come testimoniano e sintetizzano con esattezza, sebbene con caratteristiche diverse, sia “On An Island” del 2006 che “Rattle That Lock” del 2015 (in “Rattle That Lock” si concretizzano, con lineamenti ben definiti, finanche momenti più “black” come “The Girl in the Yellow Dress” o la stessa “Rattle That Lock”).
Ora Gilmour ha annunciato la pubblicazione del suo nuovo disco, “Luck And Strange”, prevista per il 6 settembre 2024, anticipata dal singolo “The Piper’s Call” (Sony Music) uscito il 25 aprile 2024.
Da un primo ascolto di “The Piper’s Call” (torna il pifferaio “The flamеs are high, the piper’s call, contagious/A fixеr who will numb your pain, and strangeness”), Gilmour se da un parte mostri un lato più cantautorale (l’incipit e la strofa), nelle melodie e nelle sonorità più “rock”, soprattutto espresse nelle aperture, sembra essere tornato a soluzioni che hanno caratterizzato parte della miglior produzione dei Pink Floyd post Roger Waters; non manca l’assolo di chitarra nel finale segnato da un suono più asciutto di matrice rock blues.
Nell’attesa di “Luck And Strange” le premesse, anche se non esaltanti, sembrano essere comunque buone, sperando che David Gilmour sia riuscito a mantenere per l’inter disco una scrittura, se non superiore, almeno al livello di “The Piper’s Call”.
Un’ultima considerazione sui testi, di questo primo singolo e dell’intero disco, scritti prevalentemente da Polly Samson in cui la “mortality is the constant”: ‘The majority of the album’s lyrics have been composed by Polly Samson, Gilmour’s co-writer and collaborator for the past thirty years. Samson says of the lyrical themes covered on ‘Luck and Strange’, “It’s written from the point of view of being older; mortality is the constant …”’ si legge sul sito https://www.davidgilmour.com/ consultato il 25 aprile 2024.
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foto di Anton Corbijn