Sinceramente non so quanto sia alto il livello di popolarità in Italia di The Menzingers nonostante una carriera ben consolidata e lunga, sono trascorsi ben 16 anni dal loro debutto discografico, costellata di ben otto album, la gran parte usciti sotto il prestigioso marchio della Epitaph di Mr. Brett Gurewitz, che hanno messo in mostra un bel suono punk rock melodico facilmente assimilabile e comprensibile per quella fascia di pubblico che più che ribellione cerca momenti di sano divertimento attraverso canzoni che parlano di amori adolescenziali o che esaltano l’immaginario rock a stelle e strisce, al posto di rivendicare un modo migliore. Insomma, un gruppo più vicino ai Pennywise che non ai Bad Religion, giusto per citare due celebri band che hanno fatto la fortuna della label losangelina.
Il quartetto della Pennsylvania capitanato da un ottimo songwriter qual è Greg Barnett si ripropone al pubblico con un nuovo album dal titolo Some Of It Was True che più che ripetere lo schema vincente degli album precedenti, cerca di compiere un balzo in avanti verso quell’età adulta oramai raggiunta e che giocoforza cambia un po’ le prospettive di vita. Non cambia lo schema sonoro, ma in un certo senso le canzoni hanno un suono rock più corposo e “tradizionale” che ben si sposerà con i concerti negli stadi che sono da tempo il loro habitat naturale.
L’album si apre con la contagiosa Hope is a Dangerous Little Thing brano che serve da traino tra passato e presente e parla di un amore non corrisposto, tema in un certo senso ribaltato in Alone in Dublin dove l’amore è sì corrisposto ma comunque lontano migliaia di chilometri, come lo può essere quando la band è in giro per il mondo a suonare. Condizione questa che per i musicisti è un po’ croce e delizia, visto che il successo impone di questi “sacrifici” ottimamente espressi in un brano come There’s No Place In This World For Me, che affronta il dilemma di voler essere sempre in tournée quando si è a casa, e di voler sempre tornare a casa quando si è in tournée.
Some Of It Was True è un album fatto di canzoni orecchiabili in cui spesso i testi sono dolorosamente onesti e diretti, e spesso cupi che in alcune canzoni e diventano sempre più drammatici e, in alcuni parti, melensi.
Un esempio calzante di questa cupezza che ammanta certe parti del disco è la traccia conclusiva, Running In The Roar Of The Wind, dove il testo mostra un certo tipo di cupa depressione, ma l’onestà e la natura genuina che emerge fanno sì che gli ascoltatori si preoccupino davvero del messaggio, e possibilmente non si sentano soli se riescono ad immedesimarsi. Per questo nel testo viene inserita più di una sfumatura positiva che non sembra falsa ma ottimista, ed è in effetti il modo migliore per concludere l’album.
“Più invecchio, meno so”, canta Barnett nella title track; “Nobody stays, no feeling’s final”, implora il co-frontman Tom May in Nobody Stays; “L’unica cosa che mi interessa sei tu”, sottolinea Barnett in Ultraviolet, tanta serietà senza un briciolo di pretesa. Potrebbe essere la saggezza che arriva con l’età: evocare un sentimento senza doverlo prima spiegare.
Some of It Was True vede The Menzingers crescere, senza strappi o deviazioni decise. Avrebbero potuto ripetere uno schema consolidato, e schizzare verso un nuovo successo diventare una caricatura di se stessi. Invece, provano a spingersi in avanti, con fiducia e determinazione.
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