Debbo dirlo sinceramente, anche se qua e là mi era capitato di imbattermi in alcuni momenti interessanti, i Deerhunter fino ad oggi non erano riusciti ad incuriosirmi particolarmente. In Halcyon Digest, ad esempio, vi erano alcuni ricami pop (Don’t cry, Revival) davvero belli, ma le tracce più sofisticate come Helicopter e He Would Have Laughed mi erano sembrate assai meno interessanti.
Avvicinare la loro musica era quindi per il sottoscritto una prospettiva leggermente scoraggiante. Essenzialmente non vedevo un punto di contatto immediato e chiaro e soprattutto non intravedevo nell’immaginario della band la capacità di andare oltre uno status minoritario. Questo per dire come sia rimasto, invece, inaspettatamente quanto piacevolmente coinvolto da Monomania, un album con cui i Deerhunter dimostrano di aver trovato un equilibrio artistico che li inscrive tra le stelle più brillanti del panorama indie.
Innanzitutto la band ha quasi completamente gettato a mare le atmosfere ambient per abbracciare un suono più crudo e sanguigno che si espande in uno spettro musicale che va dai Sonic Youth ai Ramones. Da questo punto di vista la tensione verso la sperimentazione è più attitudinale che sonora. Basta ascoltare in apertura Neon Junkyard scatenata e fuori di testa come Leather Jacket II e la title track per percepire tutta l’abrasività che deve aver percorso i corpi e le menti di Bradford Cox e soci.
Pensacola invece, ancora più inaspettatamente, ci travolge in un turbine di istinti sudisti e solo con T.H.M. e Blue Agent l’atmosfera si fanno più tranquille perdendosi in bilico fra malinconia e irrequietezza. Anche nelle liriche si avverte un maggiore quanto coraggioso sforzo di introspezione: <<when a decade is spent searching/ for something time will never bring/something starts to shut down inside/ my body and my tired mind/too horrified to see/ can’t you see your heart>> (Sleepwalking).
La cosa che più sorprende è la facilità dietro questo album. Facilità solo apparente, ma che nasconde al contrario una stratificazione di idee e suoni assolutamente non banale. Per non parlare poi dell’impegno nel plasmare a proprio piacimento la tradizione, tenendosi ben lontani dalle trappole del vintage. Alla fine, non si può non riconoscere che a quella tradizione i Deerhunter potrebbe un giorno davvero appartenere. E se questa è la traiettoria che conduce al mainstream, allora non potrebbe essere più schietta e scintillante.
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autore: Alfredo Amodeo