Should I stay or Should I go è il titolo del nuovo disco di cover che i Nouvelle Vague, a 20 anni dal loro esordio, lanciano tramite etichetta PIAS per omaggiare come sempre gli anni ’80 e diffondendo il primo singolo Only You con la partecipazione di Melanie Pain, una delle vocalist originarie della band Yazoo a cui appartiene la canzone. Il disco segue Curiosities del 2019 ed è il settimo album di cover della band.
Il progetto nato intorno a Marc Collin e Olivier Libaux si avvale in questo disco di qualche novità, o meglio sperimentazione: oltre al consueto stile Bossanova che li ha resi famosi, i Nouvelle Vague tentano, in specie su Shout e la track che dà titolo al disco (rispettivamente di Tears for Fears e Clash) un ritmo più reggae, rallentando sì ma non troppo il ritmo della canzone originaria. A dire la verità questo esperimento ritmico di allontanarsi dalla Bossanova non riesce perfettamente, e proprio queste due cover sono forse le meglio riuscite del disco, perché troppo simili all’originale.
Convincono di più quando, in People are People dei Depeche Mode, o in This Charming Man degli Smiths, restano sul solo ormai abituale del loro stile di coverizzazione.
La loro riuscita migliore, in questo disco, è poi nel coverizzare da una parte una canzone dance come You Spin Me Round, dei mitici Dead or Alive, forse l’episodio più riuscito del disco, e dall’altra un classico pop-punk come Billy Idol, qui omaggiato in Rebel Yell. Ecco, in entrambi i casi, il trasferimento dal ritmo originariamente sfrenato, in due stili diversi, dei due pezzi al rallentato del Bossanova convince in maniera particolare. She’s in Parties dei mai dimenticati Bauhaus e The Look of Love degli ABC completano l’elenco, nell’ambito dei 13 pezzi, delle prove decisamente riuscite e più sfavillanti di questo disco.
Non si può dire molto altro di un ennesimo, riuscito, lavoro di una band che ha dedicato anima e corpo e ha fondato il suo marchio sulla scelta di fare cover, e sulla scelta di focalizzarsi intorno a uno specifico periodo musicale, se non il fatto che sin dagli esordi nei primi 2000 i Nouvelle Vague, con la loro riscrittura in salsa lenta e ammiccante a sfumature latino-americane di pezzi spesso in origine sottovalutati o comunque disprezzati, etichettati come dance elettronica, hanno fatto emergere tutto il valore squisitamente melodico che quei pezzi contenevano, ribadendo una volta di più (oggi, dall’indie alla new new wave, al post puntk moderno, non c’è più bisogno di dirlo) che gli anni ’80 musicalmente nonostante venissero dopo il decennio fantastico e inarrivabile della musica rock e della musica disco, hanno comunque avuto qualcosa da dire.
E possiamo star sicuri che i ragazzi francesi ce lo ribadiranno a loro modo nel tour europeo, tra Francia Germania Inghilterra e anche Italia, che partirà nel 2024 per celebrare i loro 20 anni di attività.
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