Ci sta una meravigliosa e affascinante “letteratura musicale” avente ad oggetto gli studi sulla sperimentazione legata alla voce femminile; una voce femminile che “fratturando” gli schemi “convenzionali” si è espressa quale “strumento” generante suono nelle infinite declinazioni che l’umana natura può concepire, spingendosi talvolta anche oltre …
Tante le interpreti che hanno fatto grande questa scuola, da Cathy Berberian (grazie anche all’apporto del marito, il “maestro” Luciano Berio), passando per Joan La Barbara (seminale il suo “Voice Is The Original Instrument” del 1976 e di pregio tanto “Tapesongs” del 1978 quanto “Reclutant Gypsy” del 1980), per giungere a Meredith Monk (immortali i sui “Songs From The Hill” del 1979 e “Dolmen Music” del 1980) e a Diamada Galas (devastanti i suoi “The Litanies of Satan” del 1982 e “Diamanda Galas” del 1984 – la Galas, come spesso accade, ebbe poi risonanza e visibilità ai più solo a seguito della collaborazione con John Paul Jones per il più “accessibile” album “The Sporting Life” del 1994).
Sebbene l’accostamento ai citati nomi possa sembrare “eccessivo” (alla Galas meno per “tematiche” e stile e per il gusto di unire voce e pianoforte), seguendo il loro “afflato”, negli ultimi anni, si è manifestata con forza e determinazione la voce di Kristin Hayter che, sotto lo pseudonimo di Lingua Ignota, ha operato una sintesi tra le sperimentazioni pure del passato e i diversi generi musicali apparsi sulla scena, siano essi propri (del) o affini al metal, al folk, all’elettronica, all’industriale, al noise o alla musica classica; lo testimonia una discografia “eclettica” che a nome Lingua Ignota, dall’esordio del 2017 “Let the Evil of His Own Lips Cover Him”, è giunto sino a “Sinner Get Ready” del 2021, per una musica senza compromessi figlia nella carne, nelle ossa e nel sangue del proprio carico emotivo.
Dall’ascolto dei lavori a firma Lingua Ignota ciò che ha colpito della Hayter e l’equilibrio raggiunto tra struttura e destrutturazione, tra melodia e cacofonia noise, tra silenzio e grida; equilibrio esaltato da brani quali “Do you Doubt Me Traitor” (tratto da “Caligula” del 2019), dalle cover/singoli “Wicked Game” di Chris Isaak, “Jolene” di Dolly Parton e “Kim” di Eminem (tutte del 2020) e nella splendida “Pennsylvania Furnace” (da “Sinner Get Ready” del 2021).
E partendo da un’ispirazione di matrice “folk” (inteso come tradizionale), cristallizzando e mettendo a “fuoco” l’elogiato equilibrio, a nome Reverend Kristin Michael Hayter, l’Hayter ha dato alle stampe il bel disco “Saved!” (Perpetual Flame Ministries), in cui suona egregiamente un “piano prepared with bells and chains” (si legge nelle note di copertina), caratteristica del disco che si sublima e completa con la voce e con il valore del tutto.
Impostato sostanzialmente su (in)vocazioni blues e country che sebbene siano protesi alla “luce” vestono di luciferina “ombra” (il disco è a firma “Reverend Kristin Michael Hayter” e in copertina specifica “Presents … In Conjunction With Perpetual Flame Ministries”), “Saved!” si apre con la “sconnessa” e “disturbata” “I’m Getting Out While I Can”, prima che la perfetta preghiera “All of My Friends Are Going to Hell” lo consegni all’eterna e magnifica “dannazione” (brano uscito anche come singolo in anticipazione del disco).
La corale “There Is Power in the Blood” è da “Nosferatu’s saloon”, un apparente allegria che degrada nella graffiata marcia funebre “Idumea”.
Con “I Will Be With You Always”, Hayter si riappropria dei suoi registri e commuove con austera sacralità: è come se il Nick Cave più cupo avesse scavato la terra più arida e (s)profonda.
Il gospel tradizionale “Precious Lord, Take My Hand” chiude il Side A del vinile e in parte anticipa ciò che sarà il Side B.
La Hayter, infatti, nella veste di “reverendo”, inanella una serie di “inni” rivisitati propri della tradizione statunitense (della seconda metà del 1800) che vanno dai gospel “The Poor Wayfaring Stranger” e “I Know His Blood Can Make Me Whole” (questo è del 1927/1928), agli hymns “Nothing But The Blood of Jesus” e “How Can I Keep from Singing?”. Particolarmente intensi i 7:32 minuti di “The Poor Wayfaring Stranger”, gli 8 minuti di “How Can I Keep from Singing?” e la “sentita” I Know His Blood Can Make Me Whole”; il Side B comprende anche la bella e “interrotta” “May This Comfort & Protect You“.
Altra particolarità è il contrasto che la Hayter è riuscita a creare tra i testi (soprattutto quelli di ispirazione e derivazione religiosa) e il titolo salvifico del disco con le musiche, legate a una terrena esistenza.
Ultima menzione è per le lunghe note di copertina e per il “monito”: “Remember, as you are when the end comes so will you be when you must face him”.
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