Se la memoria non m’inganna, sono poche le bands che si son potute permettere di lanciare un nuovo progetto prima all’estero, per saggiarne la del pubblico d’oltralpe per poi (eventualmente) stamparlo anche da noi ma, per osare cosi tanto, occorre uno spessore compositivo di tutto rispetto, come quello che impersona la nuova super-band The Elephant Man, messa in piedi da Maximilian (Max Zanotti), affiancato da Tmy (Francesco Tumminelli), Ivan Lodini e Halle (Alessandro Ducoli), derivanti dall’area Deasonika, Casablanca e Movida. Il tutto incorniciato da una produzione di peso, affidata a Steve Lyon (già nell’orbita di Depeche Mode, Paradise Lost, e Cure) ed il prestigioso mastering di Tom Baker (Marilyn Manson, Nine Inch Nails). Con questi nomi da brivido, Zanotti e soci non han badato a spese, sicuri del risultato da raggiungere ed infatti i consensi agognati sono puntualmente arrivati ed è per questo che la label nostrana V-Rec non si è fatta sfuggire l’occasione di rilasciarlo anche da noi, ad un anno dall’uscita in terra belga.
Tra i 10 atti previsti, svetta il singolo “Valerine”, plasmato in un video vincente, nel quale il concetto di paura e indecisione è impastato in humus horror-drama di grande impatto ma è solo uno degli episodi che mettono in rilievo la straordinaria plasticità scritturale del combo e già l’opener “Drift”, a braccetto con “My friend” e “Over the mountain” certificano l’altissima fattura del progetto, dalle sonorità corpose e sontuose con vertici apicali, mentre il dispotico oscurantismo metal che regna in “Free ride to hell” fa splendere il brillante eclettismo della band, che porge sul piatto d’argento variabili a iosa. E’ lapalissiano quanto la loro espressione sia libera e svincolata d’affanni consensuali, certi che soltanto cosi si cementa un “credo” onesto ed inattaccabile dalla critica spicciola.
E’ certo che le “good vibrations” non latitano nemmeno sul treno ipnotico di “Payback” e nello scompartimento dark-wave della titletrack, che farebbe scrosciare applausi dai Depeche Mode. L’orlo all’opera è cucito intorno alla misteriosa e cupa “Scream”, avvolta nell’onirica vocalità immaginifica della superba soprana Lucia Tumminelli. Senza curarsi del probabile successo che avrebbero ottenuto in terra natia, I The Elephant Man hanno sfoderato un album di spessore, granitico, inossidabile, ferale, ma vivido nell’interezza progettuale in quanto i Nostri, con “Sinners”, han saputo scandagliare i fondali dell’anima , cosi colma di titubanze e paure ancestrali, con alacrità descrittiva e profonda maestria partiturale.
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autore: Max Casali