Una delle più ingrate dichiarazioni che si possono fare sulla musica è quella di dare per datati certi generi, solo perché non escono tanti dischi in proposito. Però, quando accade, è bene custodire certe preziosità uditive come “Season II” del combo veronese The Last Drop Of Blood che, ignorando il trend dell’epoca odierna, rivendica la fierezza di tenere vivo il cuore pulsante del desert-rock, con relativi battiti a stelle e strisce. Inglobato al progetto c’è, non solo il grande valore aggiunto del mitico Shawn Lee alla produzione (già in sinergia con Buckley ed Amy Winehouse) ma annovera, altresi, l’intervento vocale di Andrea Chimenti nel primo singolo estratto “Blood Everywhere”, cadenzato in pieno climax slow-dark che atterrisce con genialità ipnotica, similarmente a “Feelin’ good” (tra l’altro, secondo singolo scelto). All’entrèe troviamo il bruciante grunge-blues di “Till I’m buried”, che si placa all’atto di passare il testimone all’intima malinconia di “Love funeral”, ma “Postcards from ghost town” e “Thirty holes” riportano l’insieme su classiche declinazioni rock, con l’ugola del singer-leader Francesco Cappiotti che modula emozioni al cospetto di ogni variante proposta. Però, se state aspettando una strong-ballad coi fiocchi, “Don’t let your heart” fà al caso vostro e tornerete nel seventies –sound in un batter…d’orecchio. Invece, la più lunga del lotto “What if” sfoggia pennate e gagliardia chitarristica a 360° gradi (oops!…secondi): 6 minuti di rock possono sembrare un’infinità ma poi t’accorgi che volano via anche con pochi ingredienti, se espressi con empatia passionale. Come si diceva in premessa, i TLDOB riportano il desert-.rock in bella evidenza con visceralità ematica e (potete giurarci!) “Season II” non sarà “l’ultima goccia di sangue” suonata.
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autore: Max Casali