Il 27 aprile, Cesare Basile sarà dal vivo “in solo”, all’Auditorium Novecento di Napoli, per un evento targato Rockalvi Festival.
In occasione dell’Ajamola solo tour, abbiamo posto alcune domande all’artista catanese.
Una lunga e prolifica carriera artistica, iniziata nel 1987 insieme ai Candida Lilith e poi proseguita come solista, che ti ha visto operare una giusta sintesi tra la musica tradizionale, il rock-folk “deviato” e le molteplici declinazioni che la musica indipendente ha avuto in questi ultimi trent’anni; penso, per tutti, ai dischi “Cesare Basile” e “Le Ossa di Colapesce”. Quali sono state le “direttrici” che hai seguito nel tuo percorso dagli esordi sino a oggi?
“Ho navigato a braccio, mi sono orientato coi segni che coglievo durante il viaggio. Tanti ne sfuggono ma quelli che cogli ti danno la rotta e l’ispirazione. Ho coltivato sempre l’avventura e la meraviglia, innamorandomi quanto più possibile ad ogni nuovo incontro. Un artista attraversa senza sosta il mondo e se ne lascia attraversare, in uno scambio continuo di storie e segreti da portare in superficie”.
Un approfondimento particolare lo voglio dedicare a “Closet Meraviglia”, che personalmente reputo uno dei più bei lavori discografici di cantautorato Italiano; ci vuoi parlare di questo disco e della sua storia?
“Closet Meraviglia è nato da un lungo lavoro di pre-produzione e scrittura. È tutto tranne che il frutto di una gestazione immediata. Sapevo che volevo battere strade nuove, ero totalmente immerso nelle contaminazioni che arrivavano dal trip hop di Bristol e volevo mischiare quanti più linguaggi. Avevo chiesto a John Bonnair dei Dead Can Dance di scrivere e produrre la parte orchestrale e a Hugo Race di occuparsi della produzione generale del disco, al mixer c’era Daniele Grasso, erano tre teste dure e questo creava continui corti circuiti durante il lavoro in studio, incomprensioni e prese di posizione ad ogni passo che però si traducevano in energia creativa. Senza volerlo avevo innescato una reazione a catena che alla fine ha determinato l’unicità di quel disco nel panorama italiano di quegli anni”.
La musica ha la sua importanza, ma artisti come te riservano una non minore considerazione ai testi. Quale è il valore e la cura che riponi nelle parole e nelle “storie” che con attenta poetica racconti, considerando anche l’alternanza tra il vernacolo e la lingua italiana propria della tua scrittura?
“Le parole sono innanzitutto suono e come tali le tratto, certo il racconto, il tema, i personaggi, sono importanti ma non sono il cuore della canzone, piuttosto partenze e ripartenze, scuse per trovare uno degli infiniti modi di una canzone. Quello che mi interessa è la canzone nel suo tramare, come le varie componenti si ridefiniscono nell’incontro. Il siciliano è una lingua che nasconde lingue, una sorta di pozzo sonoro, inevitabile che ci finissi dentro”.
Una domanda che sono solito porre sempre ai musicisti che operano in un settore lontano dal mainstream commerciale, sulla quale vorrei un tuo parere; oggi la musica e l’arte stanno assumendo forme sempre più liquide e “social”, sebbene si stia comunque registrando, negli ultimi anni, un ritorno (quasi compulsivo) alla stampa in vinile. Ciò ha modificato anche le modalità di fruizione della musica, diventata più compiacente verso un rapido sentire che finalizzata a un attento ascolto. La tua produzione, per sua natura, è sicuramente ancorata a una cultura dell’ascolto oggi meno praticata, che richiede tempo e concentrazione. Qual è il tuo pensiero in merito al mercato musicale odierno e ai suoi canali di diffusione?
“Non mi spaventa la liquidità delle forme del contemporaneo, mi preoccupa il loro essere innocue. Io sono per l’arte armata, anche se deve produrre muzak per ascensori o supermercati è importante che lo faccia con la mano al coltello. Non esiste creazione che non metta a rischio pubblico e artisti allo stesso tempo. Canali e forme della musica possono avere molte declinazioni e possono tutte andare bene a patto, almeno per me, che conservino sempre la possibilità dell’imprevisto. Oggi vedo patetici mestieranti imbonire patetici mercati di patetiche coglionate e farci soldi, magari hanno vinto… forse”.
Il tuo ultimo LP in studio, “Cummeddia”, è datato 2019; quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro?
“Ho tanto materiale raccolto negli ultimi tre anni e tanto ancora da raccoglierne. Aspetto il momento giusto per creare un altro corto circuito in stile Closet Meraviglia”.
https://www.facebook.com/cesarebasileofficial
https://www.instagram.com/cesareroundbluebasile/
autore: Marco Sica