I Queens of the Stone Age ristampano in vinile tre album della loro discografia (il primo omonimo, Like Clockwork e Villains), così gli amanti della band possono contare su artwork originali, aggiunte alle tracklist ed altre amenità da collezionisti, cose che di fatto non cambiano quel che già sappiamo sulla formazione californiana ma che ci danno occasione di far di nuovo luce sul loro primo album, una buona occasione per i più giovani che non han vissuto in prima persona quei giorni eccitanti.
Nel 1997 si conclude l’avventura dei Kyuss, la band che ha saputo dare un significato tutto nuovo al rock ‘duro’ – pur partendo da elementi mutuati dal passato remoto della storia del rock – e per quanto la cosa all’epoca sia stata fonte di dispiacere, col senno di poi, a guardarsi intorno e scoprire cosa sarebbe diventata la scena stoner in termini di appiattimento ed omologazione, forse è stato meglio così.
I Queens of the Stone Age presero il meglio di quella scena ormai morente e la rinnovarono dall’interno, rendendola di fatto moderna, non più ancorata ad antichi stilemi settantiani e a quella polverosa psichedelia metallizzata da bikers. Questo il grande merito di Josh Homme; non è poco! Doveroso è anche ricordare gli altri immensi musicisti della line-up, illustri esponenti del rock del deserto, a cominciare dal veterano Chris Goss dei Masters of Reality qui in veste di co-produttore oltre che a basso, chitarra e vocals, poi Dave Catching e Fred Drake (vocals e percussioni), proprietari del Rancho De La Luna, membri degli Earthlings? e di un’infinità di altri progetti e collaborazioni ed infine Alfredo Hernandez, già con Homme batterista nei Kyuss.
Poi anche Queens of the Stone Age diventerà un brand, un simbolo del rock and roll riportato in territori mainstream e forse insieme ai Foo Fighters uno dei migliori esempi dopo la nirvanizzazione delle masse, una parte certamente inscindibile della storia ma che nulla toglie alla forza visionaria di brani come Regular John e Avon, killer-track iniziali che teorizzano il ‘robot rock’ come fatto di sangue, ormoni e incubi o If Only, ipnoticamente kyussiana ma capace di desertiche levità, consuetudine che poi Brant Bjork adotterà nei suoi lavori solisti.
Le tracce del primo disco dei Queens of the Stone Age in verità meriterebbero di essere citate tutte ma ci limitiamo a menzionare ancora You Would Know dal feel grunge e dopato alla Alice In Chains, (uno dei tanti trait d’union tra grunge e stoner quando arrivano in aree mainstream) e la rocciosa e al contempo viziosa Mexicola. I lavori immediatamente successivi saranno tutti ottimi esempi nell’evoluzione dei concetti qui rappresentati, ma nessuno di essi al confronto con questo primo atto sulla lunga distanza sembra ancora conservare l’idea innovativa e visionaria proprie dello spirito kyussiano.
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https://www.matadorrecords.com/queens_of_the_stone_age
autore: A.Giulio Magliulo