Uscito per etichetta Weird World/Domino, The Ruby Cord è per il quarantunenne musicista post-folk la parte finale di una trilogia iniziata con il mondo pre-medievale di Peasant (2017), ritornata ai giorni nostri con Henki (2020) e che forse si concluderà nel futuro con il settimo album. Il disco segna un ritorno importante al sound tipico dell’artista, definito da The Guardian “un folk notevolmente originale”, dopo le recenti collaborazioni con i metal finlandesi Circle e con Hen Ogledd: sette brani (ma di cui uno di ben 40 minuti) che ci immergono in un futuro irreale, fantastico e a tratti sinistro, dove i costumi sociali sono mutati, e i confini etici e fisici sono evaporati, un luogo in cui non è più necessario confrontarsi con nessuno se non con se stessi e la propria immaginazione.
Mentre Henki si occupava di realismo sociale con esplorazioni di aggressive partite di calcio, The Ruby Cord ci proietta in un mondo (più o meno) fantascientifico in cui la società umana è crollata e si è trasformata in qualcosa di decisamente meno solido, di cui Dawson decide di esplorare il momento in cui l’equilibrio si rompe, e la vita individuale precipita portandosi addosso il crollo delle sicurezze costruite attraverso i proprio personali rifugi.
“Molti di noi si muovono in questi mondi fantastici”, dice Dawson. “Che si tratti di realtà virtuali costruite, di mondi computerizzati o di ritirarsi in regni ancora più fantastici: le teorie della cospirazione, il nazionalismo, l’opinionismo calcistico amatoriale. La gente costruisce il proprio mondo perché questo è decisamente imperfetto”.
Nonostante l’ambientazione futuristica, Dawson affronta questioni attuali: in questo futuro prossimo, il mondo fantastico in cui vivono alcune persone assomiglia incredibilmente alla ben nota Inghilterra. Ma cosa succede se in questo mondo virtuale si verifica un’anomalia, un glitch, che trasforma una scena pastorale in una scena di terrore? Dawson continua la spiegazione, indicando alcune delle ispirazioni alla base dell’album: “Come quando si gioca ai videogiochi, a volte qualcosa si blocca, e un problema tecnico, un glitch, fa accadere qualcosa di veramente bizzarro e inquietante”.
Bizzarra, e a tratti inquietante per la sua lunghezza e monotonia, è sicuramente la traccia d’apertura The Hermit canzone ambiziosissima, che riprende la narrazione epica di The Vile Stuff del 2014 e ne estende ulteriormente i limiti in un pezzo d’atmosfera di 40 minuti che funge da porta d’ingresso al resto di The Ruby Cord. La canzone è accompagnata da un video pop di 40 minuti del regista James Hankins, che racconta la storia di un solitario che vive in un bucolico mondo dei sogni.
Il video sarà presentato in anteprima in diversi cinema e circoli del Regno Unito con sessioni di Q&Ae dopo ogni proiezione. Questi eventi saranno la prima opportunità di ascoltare la musica di The Ruby Cord, mentre i dettagli delle date dal vivo nel 2023 saranno comunicate quanto prima.
The Ruby Cord è stato registrato con Sam Grant dei Pigs x7 ai Blank Studios di Newcastle-upon-Tyne, insieme ai collaboratori abituali Rhodri Davies, Angharad Davies e al batterista Andrew Cheetham, e il risultato è sicuramente una grande attenzione ai particolari sonori.
Il folk è in questo disco solo un pretesto, una reminiscenza: si usano tutti gli strumenti possibili, e compaiono anche batterie e chitarre elettriche e ritmi pesantemente rock (in The Tip of an Arrow), per cui si dovrebbe più parlare di progressive, se non che del concetto originale dello stile folk Dawson mantiene l’idea del raccontare storie.
L’interessante esperienza del disco rimane però pregiudicata sostanzialmente da due fattori: l’eccessiva lunghezza di The Hermit, senza che questi 40 minuti riescano a lasciarti una melodia o un ritornello che rimanga in testa, emozioni o ti faccia sobbalzare, e la voce di Dawson, decisamente non piacevole all’udito, soprattutto perché in questo disco sembra sforzarne i falsetti.
Qualcosa di apprezzabile c’è, anche oltre l’intento complessivo di un concept album, e lo troviamo in Horse and Raider, in Museum, nella già citata The Tip of an Arrow, ma i 40 minuti noiosi di The Hermit rendono inevitabilmente le altre tracce un’appendice che magari non si ha nemmeno più voglia di ascoltare.
https://richarddawson.net
https://richardmichaeldawson.bandcamp.com/album/the-ruby-cord
autore: Francesco Postiglione
Ruby Cord tracklisting:
1.The Hermit
2.Thicker Than Water
3.The Fool
4.Museum
5.The Tip of an Arrow
6.No-one
7.Horse and Rider