Nel corso della loro oramai trentennale carriera, i Motorpsycho hanno stretto in diverse occasioni, rapporti di collaborazione con diversi artisti impegnati nel campo del teatro, della danza ed ambiti affini. Nel periodo della pandemia il gruppo norvegese ha sviluppato le sue uscite discografiche con la solita prolifica sequenza, non disdegnando di lavorare in contemporanea a progetti diversi che, non concretizzatesi appieno, vedono oggi la luce nell’ultimo capitolo della loro corposa discografia.
Ancient Astronauts nasce infatti per essere parte di due distinti progetti collaborativi: uno con il gruppo teatrale De Utvalgte che a causa del lockdown, voleva proporre il suo nuovo spettacolo in forma cinematografica, ma del quale ancora nessuno ha visto un singolo fotogramma, se non quello che è finito sulla copertina dell’album. Il secondo progetto nato durante le registrazioni di “All Is One” (2020) consisteva nel creare le musiche per lo spettacolo di danza di Homan Sharifi e della Impure Dance Company, chiamata Sacrificing. La performance si basa sull’idea del Rito della Primavera, che era anche alla base della lunga suite N.O.X., presente proprio sul terz’ultimo album del gruppo di Trondheim, ma non ritenuta poi sufficiente a coprire tutto lo spettacolo di danza. Ecco allora che per completare l’opera sono stati scritti i due brani più imponenti di questo Ancient Astronauts: vale a dire “Mona Liza/Azrael” e “Chariot Of The Sun – To Phaeton On The Occasion Of Sunrise (Theme From An Imagined Movie)” che sono state suonate nelle poche date messe in scena, ad una delle quali era presente come spettatore lo storico collaboratore dei Motorpsycho, Helge Sten (aka Dethprod) che ha convinto Bent Sæther e compagni ad inserire le composizioni in un nuovo album del gruppo.
Riunito il trio in studio, senza il quarto componente Reine Fiske bloccato in Svezia dove vive, per l’impossibilità di viaggiare dovuta alla restrizioni Covid, il disco è stato registrato in presa diretta con poche sovraincisioni ed è diventato così l’ultimo capitolo della imponente saga Motorpsycho e diventerà, se alla fine verrà realizzato, la colonna sonora del progetto cinematografico di De Utvalgte.
Questo lungo preambolo era necessario per comprendere meglio il nuovo album che risulta comunque essere in linea con la recente produzione dei Motorpsycho. Il disco si apre con “The Ladder” l’unico brano ad avere una forma canzone del disco. Il pezzo è una classica cavalcata hard/prog degli ultimi Motorpsycho sulla quale vengono innestate melodie ancestrali di matrice folk, con i poderosi riffs di chitarra mesi in campo da “Snah” Ryan e sostenuti dalla martellante ritmica del duo Sæther/Järmyr: insomma un classico brano dei Motorpsycho che sarebbe potuto comparire in qualsiasi album del gruppo.
La successiva “The Flower Of Awareness” altri non è che un impercettibile brano strumentale che serve a fare da trait-d’union con la parte più corposa del disco. “Mona Liza/Azrael” è una mini suite in due parti che inizia leggiadra facendo il verso al suono dei primi King Crimson per poi diventare un poderoso brano heavy psych sostenuto da un martellante giro di basso sempre più ipnotico, una batteria killer ed una chitarra libera di spaziare tra assolo e rumori vari in un vortice che sembra non trovare fine sinché non arrivano le note suonate al mellotron da Deathprod che offrono una via d’uscita dagli inferi.
Ci sarebbe già di che essere soddisfatti, ma il resto del programma offre la lunga, sin dal titolo, suite “Chariot Of The Sun – To Phaeton On The Occasion Of Sunrise (Theme From An Imagined Movie)”. Un pezzo di oltre 22 minuti, forse il più lungo finora inciso su disco dai Motorpsycho che mostrano non solo la loro bravura di musicisti e virtuosi ciascuno del proprio strumento, quanto la loro musica sia infarcita in abbondanza della cultura rock degli ultimi cinquant’anni. Com’è facile immaginare un brano di questa portata non può che essere suddiviso, seppure senza soluzione di continuità, in diversi moment/movimenti. All’inizio si sviluppa su lunghi arpeggi di chitarra che arriva al suo climax quando vengono arricchiti da un coro di voci e dagli altri strumenti, per poi mostrare la faccia più heavy nella parte centrale. Verso il finale i due temi si ripetono per poi riallacciarsi in maniera compiuta al tema portante, proprio come accade nelle colonne sonore.
Sebbene i Motorpsycho non sbaglino il colpo neanche stavolta, c’è da dire si avverte un piccolo senso d’incompiuta proprio perché manca l’elemento visivo che l’ha generata, mentre un altro discorso da fare riguarda la deriva prog assunta da un po’ di tempo a questa parte dalla formazione norvegese che, forte dello status raggiunto di gruppo di culto, non si preoccupa affatto di conquistare nuovi ascoltatori e sia sui dischi che nei loro torrenziali live, trova soddisfazione solo in queste lunghe jam strumentali che nulla aggiungono alla loro prestigiosa carriera.
La loro nutrita schiera di fans fedelissimi che apprezza a prescindere ogni nuova uscita, gli garantisce di continuare su questo andazzo a patto di mantenere questi livelli alti di standard compositivi. E come se ci trovassimo su di un Onlyfans dedicato alla musica, un circolo chiuso tra musicista ed ascoltatore fedele, impermeabile a tutto ciò che li circonda.
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autore: Eliseno Sposato