Dopo “Mother Moonlight” di quattro anni fa, esce, atteso da molti, per vedere in quale direzione si sarebbe orientato l’autore, “Ritmico, non ritmico“, il nuovo lavoro di Max Fuschetto.
Pubblicato stavolta da NovAntiqua, conferma la traiettoria del precedente e ne accentua toni e timbri.
Un “futuro antico” quello di Fuschetto, per citare il titolo di un disco di Lino Capra Vaccina, un campo visivo che si fa suono, che rimanda a metafore pittoriche del Novecento. Col solito, sapiente, uso di elettroniche e strumenti ad arco e fiati, al quale ci ha abituati, ci fa entrare per prendere “visione” del suo mondo, coì suoi chiaroscuri, i cambi di umore e ritmo, proprio come nell’arco circadiano di una data, a day in a life.
Fuschetto non ha mai nascosto, nei suoi lavori, ispirazioni e aspirazioni artistiche, qui si viaggia da omaggi a Pollock, come in “Vortex”, dove gli archi sembrano celebrarne il dripping urgente e caotico, a “Iride”, che celebra Paul Klee, degna di una soundtrack, avvolta dal mistero, con tutti gli strumenti che s’affacciano e rientrano, in punta di note. Ma “Ritmico Non Ritmico” si apre con i tre movimenti su “tema”, “Number 1, 3, 5”, come una cabala, momenti ambient, col piano magistrale di Enzo Oliva al centro, che dialoga con la chitarra elettrica e onirica di Pasquale Capobianco, nel terzo.
“Midsommar” sembra invece uscita da un disco Ecm, Jan Garbareck e il mondo del Nord e “Trame” è uno dei brani più interessanti della sua carriera, ancora col piano funambolico di Oliva da protagonista, che tesse e celebra un incontro surreale e fuori del tempo, come se Brian Eno rileggesse e musicasse una partitura di Stravinsky.
“Ritmico non Ritmico” è il disco della sua maturità, dove l’autore si prende trentasette minuti scarsi, per farci entrare a visitare il suo atelier sonoro, la sua galleria d’arte, il suo sentiero di Crono.
In chiusura un pezzo dedicato a Battisti, “A Lucio B.”, a suo modo, l’autore e cantautore, forse, più visionario della musica italiana, che ha avuto un ruolo importante nella formazione musicale di Max Fuschetto, col tema del pianoforte che emerge, come araba fenice, da un field recording rubato al chaos quotidiano di una metropolitana. Dietro il Maestro (oboe, sax ed elettroniche), ma è solo un modo di dire, dal momento che l’ensemble che lo accompagna è composto da musicisti di prim’ordine, con lui da svariati anni, alcuni da “Popular Game”, oltre i già citati, Enzo Oliva e Pasquale Capobianco, Eleonora Amato al violino, Silvano Fusco, cello, Luca Martingano, corno francese, Giulio Costanzo, alle marimba, la tromba del jazzista Luca Aquino in due brani.
Max Fuschetto è uno dei più interessanti compositori di oggi, non mi stancherò mai di ricordarlo, alcuni se ne sono accorti da un pò, altri da poco, molti sono ancora in tempo a ravvedersi e aggiornarsi ai suoi ritmi, non ritmici. Probabilmente la sua prossima opera ci spiazzerà ancora, di nuovo, tutti, del resto questa è la peculiarità e la bellezza di un artista senza compromessi come lui, svincolato da logiche di mercato.
Autore: Giuliano Manzo