Se state pensando che per liquidare la faccenda basterebbe rileggere la recensione di Butterfly 3000 (la trovate qui) e aggiungere che si tratta del suo remake elettronico con tanto di nomi illustri, vi perdereste la nostra chiave di lettura non tanto su come suona il disco ma sul senso profondo, ultimo di questa operazione.
Stiamo scherzando ovviamente, non vogliamo peccare di presunzione ma dopo che il sottoscritto ha recensito su queste pagine altre 3 volte gli australiani esclusa questa – e aggiungendo un altro po’ di numeri tipo 5 singoli, 5 album e 1 live usciti solo tra il 2021 e il 2022, 1 ora e 54 minuti per 21 tracce la durata del lavoro presente – impossibile non accampare ipotesi o voler svelare un possibile disegno.
Reazione di saturazione? Certo, sarebbe giustificata anche dal più incallito tra i fan, ma al di là di un presunto delirio di onnipresenza creativa da parte dei King Gizzard & Lizard Wizard, sotto c’è probabilmente anche un’abile mossa markettara che potrebbe mettere la band se non in una posizione di ‘ricollocazione’ in mercati altri (fatichiamo ad immaginare i dancefloor estivi tremanti sotto i beats di Butterfly 3001), in quella di rivalutazione e non abbandono da parte di uno zoccolo duro stanco ma attratto da questa possibile riformulazione del loro mondo psichedelico. Perché è innegabile l’appeal, la forza attrattiva di una Black Hot Soup superfunk e scratchettosa (con Dj Shadow difficile immaginare il contrario) ma su 5 versioni di Blue Morpho (da notturna a vagamente IDM a destrutturata a minimal-techno ad acid-jazzata) per fare un esempio, forse terremmo buona solo quella con Donato Dozzy. Ci sono poi anche i Flaming Lips (toh.. li avevamo anche citati in Butterfly 3000…cerchi che si chiudono…) in una delle 3 versioni di Ya Love, come se le intellighenzie psichedeliche si fossero riunite in libera uscita per giocare ai Tame Impala della svolta, ma preferiamo tra queste quella deep techno di Hector Oaks, con buona pace di coloro a cui possiamo sembrare eretici impenitenti. Ancora notevole è 2.02 Killer Year con Bullant, morbida e piena di sentori indietronici nineties e Dreams – veramente tripposa – con i Peaking Lights.
Arrivando alle conclusioni, tutto l’album presenta spunti interessanti, divertenti e spendibili in playlist elettroniche alternative eppure per noi la cosa è riuscita solo a metà; troppe le tracce presenti ed estenuante la durata complessiva, bastava un remix, un e.p. di max 6 tracce, cosa impossibile per i KGLW vista la loro natura debordante. Ancora più interessante sarebbe però sapere cosa ne pensa la fanbase.
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autore: A.Giulio Magliulo