A settantasette anni il vecchio leone di Toronto ruggisce ancora. “Barn” è il suo quarantunesimo disco e per l’occasione ha voluto ancora una volta chiamare a comporre e a suonare le canzoni del disco i suoi amici di sempre, i Crazy Horse. Hanno risposto alla chiamata il bassista Billy Talbot e il batterista Ralph Molina mentre il chitarrista Frank “Poncho” Sampedro non si è presentato per cui Young lo ha sostituito con Nils Lofgren della E Street Band, che aveva già suonato con lui in “After The Gold Rush” e non solo. La preparazione del disco è durata un anno ed è avvenuta nel fienile raffigurato in copertina. “Barn” si inserisce nel filone dei dischi di ballate del rocker canadese che non si stanca a descrivere le contraddizioni del nostro vivere quotidiano. Non mancano momenti nostalgici o altamente sentimentali. In altre parole è il classico disco di Neil Young con quella varietà circoscritta, per cui troviamo il raga-blues di “Change Ain’t Never Gonna”, le dilatazioni di “Welcome Back” che fa tornare alla mente e soprattutto al cuore quel capolavoro che è “Ragged Glory”. Il classico sound dei Crazy Horse è ben rappresentato nell’elettrica e piena “Heading West”, mentre “Tumblin’ Thru The Years” trasuda quella nostalgia di cui non si può fare a meno. “Barn” è uno di quei dischi che non aggiunge nulla, ma è ugualmente prezioso, perché di queste sonorità se ne ha sempre bisogno e perché in questo mondo di incertezze ti tranquillizza, comunicandoti che Neil Young e i suoi sodali sono vivi e vegeti. L’arte serve anche a consolare e Neil Young è un maestro in questo.
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autore: Vittorio Lannutti