Il cantautore siciliano sale sul palco alle 23,30 e ci tiene da subito a precisare al microfono il proprio appoggio all’esperienza dell’Ex Asilo Filangieri di Napoli, struttura occupata da un collettivo di artisti, sottratta al degrado e a sinistre operazioni clientelari, e rivitalizzata, restituita alla città tra periodiche minacce di sgombero malgrado l’interessato sostegno ricevuto in campagna elettorale nel 2011.
Relativamente breve l’esibizione di Cesare Basile stasera, circa 70 minuti, con diverse canzoni in dialetto siciliano tratte dall’ultimo, recente album omonimo per l’etichetta Urtovox in CD e Viceversa in vinile, ed un’esibizione scarna – Cesare Basile alla chitarra acustica accompagnato da Massimo Ferrarotto a batteria e percussioni – con buona affluenza di pubblico ed una resa audio non impeccabile ma via via migliorata nel corso dell’esibizione.
‘Sette Spade‘, ‘Parangelia‘, ‘Fratello Gentile‘ ed il tradizionale ‘Il Galeone‘ quattro momenti da incorniciare che esaltano il pubblico trasmettendo una vibrazione emotiva che si avverte nell’aria, in tutta la buia sala, ed il cantautore che prima delle canzoni in dialetto ci tiene a spiegarne genesi e vicende, facendo poi più volte riferimento alla sua recente esperienza con l’Arsenale (Federazione Siciliana delle Arti e della Musica), all’occupazione del teatro Coppola di Catania in cui è coinvolto e dove il mese scorso ha inaugurato questa tournèe, ed alla visione anarchica, paritaria e libertaria – “non sei mica libero, se lo sei per concessione di qualcuno” – che esce fuori più esplicita questa sua fase. E poi il blues, perchè Basile è fondamentalmente questo, un artista che ha filtrato la musica afroamericana del malessere attraverso un’identità mediterranea indolente ed indomita, di cui la terrificante ‘Strofe della Guaritrice‘ è un po’ l’emblema atavico; così il lamento ‘Nunzio e la Libertà‘ non racconta solo la vicenda dello scemo del villaggio fatto fucilare da Nino Bixio a Bronte nel 1860, ma diventa manifesto di lotta degli oppressi contro i potenti, proprio come ‘Lettera di Woody Guthrie al Giudice Thayer‘, il giudice che condannò gli innocenti Sacco e Vanzetti a morte.
‘Caminanti‘ parla dei matti, e ‘Minni Spartuti‘ del femminicidio, come ‘Sette Spade‘, che scopriamo stasera essere stata scritta in memoria di Graziella Campagna.
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autore: Fausto Turi