Esistono spazi della musica paragonabili a zone di comfort in cui le certezze “abitudinarie” si radicano e ti consentono una serena stasi; “Habitat” uditivi familiari.
È così per l’ultimo lavoro dei Pinegrove, in cui il gruppo del New Jersey guidato da Evan Stephens Hall, confermando l’ottima vena compositiva, mette a segno un altro disco di buon indie rock targato anni ’90 che oggi, a distanza di un quarto di secolo, da attuale sta diventando retrò prima di assumere l’etichetta di “classico”.
Le linee vocali, le sonorità e gli arrangiamenti di “11:11”, per chi ha vissuto la propria giovinezza tra il 1990 e il 2000, non possono che evocare un periodo felice di suoni e musica, tra ballate (“Orange”, “Respirate”, “Swimming”…), brani più sostenuti (“Alaska”) e omaggi alla natura di stampo ecologico-contemporaneo (su tutte il rock-folk-country di “Flora”); tematica questa che percorre le liriche, parimenti all’attenzione verso il sociale.
“It spends equal time on optimism, community, reaffirming what we are and how it’s our duty to look out for one another. There’s anger, love, hope and grief. The record has all of that.” (si legge, a firma di Evan Stephens Hall, sul sito della Rough Trade).
Con Evan, il sempre presente Zack Levine alla batteria, Sam Skinner alla chitarra, il basso di Megan Benavente, la chitarra di Josh Marre e, quale ospite speciale, Doug Hall, il padre di Evan, al il piano.
http://www.pinegroveband.com
https://www.instagram.com/pinegroveband/
https://www.facebook.com/Pinegroveband/
https://pinegrove.bandcamp.com/
autore: Marco Sica