Solo chi ha vissuto in pieno la gloriosa epopea italiana del prog anni ’70 poteva fiutare e credere nella giovane band romana dei Deshedus. Ne consegue, che l’intuito di Mauro Paoluzzi (già batterista dei Nuovi Angeli e Formula 3 per un periodo limitato) ha subito intravisto l’enorme potenziale (in maturazione) del combo, producendo il concept-album “Il brigante“: 13 brani che puntano il dito, senza mezzi termini, verso l’uomo malvagio, losco, arrogante che distrugge, inquina, violenta senza scrupoli il pianeta e la donna nel totale prevaricamento. Sono brani che cavalcano l’onda rock-prog, in un periodo poco incline al genere in questione. Del quartetto sorprende l’età (poco più che ventenni) e da ciò dedurre che alberga in loro vistoso talento, il passo Ë breve. Certo, l’operazione discografica non è delle più semplici considerando, altresì, che la release è reperibile (unicamente) in vinile apribile, ma siamo pienamente fiduciosi che, alla lunga, il coraggio venga ampiamente riconosciuto e premiato. Infatti, dopo il sinfonico spoken-word del “Preludio“, il “Countdown” è già cominciato con velato tribalismo che non tarderà a deflagrare con la maestosità derivativa dei Tears For Fears (“Shout”). E, quando si passa a “Mister tamburino”, è probabile che oggi Dylan si troverebbe a scrivere che “…la risposta è soffiare nel vento (inquinato)”,col brano che picchia sodo con avvolgenti tappeti chitarristici. Invece, con “Il lupo ed il brigante” i ruoli s’invertono: è l’uomo il predatore in questione che disbosca ogni bendidio: trattasi di uno degli apici dell’opera, sferrando soluzioni acustiche ed ariose di un certo livello. Invece, colpo di gong apre la drama-song “Codice rosso“: titolo ed esecuzione talmente eloquente che f‡ riflettere non poco, perciò…”Attenti !!”, sta scadendo il tempo per rimediare allo sfascio totale di mercanti d’organi, giornalisti corrotti, spacciatori, smog, altrimenti il sole ci presentarà un conto salato. Mentre, l’arto vertice compositivo, si trova nella pregnante eleganza di “Il matto“, con refoli di
vento che soffiano in direzione di “Biko” (Peter Gabriel). Il menù prevede anche tre portate di cover che omaggiano in maniera squisitamente personale e, per certi aspetti, “stravolgente”, Battisti, Battiato e Yardbirds, nelle rispettive “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi”, “La cura” e “Still i’m sad”. La chiusura è appannaggio della sontuosa “Ulisse“, sorretta da chitarre British e splendida coda strumentale, distesa in un mood sospensivo che cela la sorpresa di una ghost-track, intrisa di un virtuoso sax che non t’aspetti. Forse, mentre registravano “Il brigante”, i Deshedus non si rendevano conto di quanta potenza espressiva stessero elaborando ma, poi, il tocco pregiato di Paoluzzi (coadiuvato dalla Divinazione Music di Francesco Caprini) ha dato la quadratura del cerchio. Con l’auspicio che spontaneità, freschezza ed umiltà non si perdano in sviluppi presuntuosi, al momento godiamoci un’opera forbita, complessa e prodigiosa. Roma, caput mundi !
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autore: Max Casali