Un titolo “Pure” (Ear Music) che è tanto profetico quanto ossimoro di se stesso.
Se da un lato, infatti, l’ultima fatica discografica di Robben Ford può essere intesa come “pura” espressione artistica, sotto una diversa angolazione la miscellanea di “generi” che caratterizza le singole tracce tradisce una linea discontinua che deraglia dalla “purezza” di un’opera omogenea nella sua totalità.
I nove brani strumentali sono introdotti da “Pure (Prelude)”, un brano con un incipit da ECM e fratture rock su tempi da progressive che lascerebbe preludere all’ascoltatore ciò che in realtà non sarà …
Congedato il minuto e mezzo iniziale, ecco che “White Rock Beer” inchioda i solchi nel blues tradizionale di matrice bianca, con tanto di fiati corali e in assolo.
“Balafon” potrebbe essere classico strumentale da ballata di genere, con il suo funzionale tema arpeggiato, prima che la bella apertura non fosse sporcata da appoggi di fondo synth-noise.
“Milam Palmo” ammorbidisce il suono e l’arrangiamento verso una fusion da fine anni settanta, inizio anni ottanta.
“Go” e il suo riff emergono con prepotenza e riempiono il senso d’incompletezza di “Milam Palmo”, definendo con maggior incisione il gusto verso la fusion con declinazione funk.
Siamo appena al giro di boa ed ecco che il blues più puro ritorna in “Blues For Lonnie Johnson” e s’iniziano a percepire i primi frammenti di discontinuità, quando la puntina salta su “A Dragon’s Tail” rimescolando nuovamente le acque della narrazione, acque che si agitano sino a culminare nel gorgo del brano eponimo, sviluppo dell’introduzione.
Chiude il disco il mood svaccato e assolato di “If You Want Me Too”.
L’esperienza e la professionalità di Robben Ford sono sicuramente riuscite a colmare quel senso di precarietà che accompagna “Pure”, sia nell’incisione dei singoli brani, tutti troppo politically correct, che nella concezione dell’intero album, troppo simile a una raccolta di buoni b-side.
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autore: Marco Sica