Due anni fa, purtroppo gli Unsane si sono sciolti, così Chris Spencer ha dato vita all’ottimo progetto Human Impact e si sta ‘riciclando’ come discografico con al sua Lamb Unlimited. Tempo fa, quasi per caso, in un negozio di dischi usati; un suo conoscente ha trovato il master che aveva perduto (o meglio gli erano stati rubati da dei coinquilini con problemi di droga) che conteneva brani di quello che sarebbe dovuto diventare, nel 1989, il primo disco degli Unsane pronto per uscire con la Circuit records che stava pubblicando i debutti di Cop Shoot Cop, Surgery, Monster Magnet. E così Spencer, incredulo, ha deciso di pubblicare, finalmente, questo esordio ‘mancato’. C’è inoltre da sottolineare che della formazioni originaria è rimasto soltanto lui, perché Dave Curran e Vinnie Signorelli sostituirono rispettivamente, nel 1994, Pete Shore e nel 1992 Charlie Ondras. I primi quattro pezzi di questo lavoro furono pubblicati nell’esordio omonimo ufficiale del 1991.
Nel disco si respira quell’aria di noise underground che negli anni ‘80 aveva ‘infestato’ New York con gruppi quali Pussy Galore e i primi Sonic Youth. Gli Unsane a differenza di questi e di tanti altri, fecero questa scelta di estremizzare con il rumore il blues, creando quello che sarebbe diventato il blues-core. La batteria di Ondras è infernale e Shore e Spencer impazzano lanciando staffilate di noise come fulmini in un temporale infinito e travolgente, ascoltare per credere la scheggiata “Concrete bed” o le circolarità vibranti di “My right”. Il trio si lascia andare anche ad un hard core quasi puro in “What is This?” e con “Trial” si pongono sul confine tra l’hc di matrice Husker Du e il bluescore, mentre in “Bring it” sono più vicino al punk. La resa del sound non è purissima, evidentemente Spencer non è riuscito a migliorare più di tanto la qualità di buona parte di quelli che erano demo, ma questo è diventato il valore aggiunto di questo disco, nel quale sembra di essere tornati alle sonorità che impazzavano in locali come il CBGB di New York.
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autore: Vittorio Lannutti