Con oltre 7.000 visitatori durante il live e 100.000 streaming successivi i Manchester Orchestra hanno lanciato il loro sesto album, The Million Masks of God, durante una diretta di incredibile successo, un documentario, The Black Mile, che accompagnava la release del nuovo disco.
Andy Hull e Robert mc Dowell, Tim Very alla batteria e Andy Prince al basso hanno fatto le cose in grande per questo disco, invitando alla produzione Catherine Marks (PJ Harvey, The Killers) e Ethan Gruska (Phoebe Bridgers). Del singolo Bed Head così racconta il duo dei fondatori, Hull e Mc Dowell “E’ una conversazione sulle vite che viviamo, sulle conseguenze delle decisioni di vita, cercando di trovare un modo per renderle migliori”.
The Million Masks si ricollega dal punto di vista sonoro direttamente a The Black Mile, l’album precedente del 2017 che li ha consacrati, e specialmente con la splendida canzone manifesto di quell’album, che li portò alla notorietà internazionale, The Silence. “Se Black Mile era l’idea di un percorso dalla nascita alla morte questo disco vorebbe essere molto di più, dalla nascita all’oltre, focalizzandosi sugli alti e bassi della vita e esplorando cosa potrebbe esserci dopo”, dice Hull.
E’ stato pensato come concept album, da ascoltare di fila nelle sue 11 tracce, che funzionano come unico arco narrativo: è la storia di un uomo che incontra l’Angelo della Morte (protagonista della track 2) che gli mostra diverse scene della sua vita come in un caleidoscopio di immagini. Tutto il percorso delle scene vissute, inizialmente pensato come percorso di un soggetto immaginario di finzione, si è collegato poi all’esperienza drammatica della morte del padre di Mc Dowell per cancro nel 2019, che Hull ha vissuto secondo le sue corde di autore. E questa esperienza terribile ha suggellato ancora di più i due autori della band, poiché The Million Masks of God è frutto del lavoro di entrambi, ed è come un prisma in cui l’esperienza di vita e morte è sfaccettata secondo i punti di vista dei due componenti.
Così racconta Hull: “C’è sempre una decisione da prendere quando sperimentiamo morte e mancanza. Dobbiamo lasciarci distruggere? Ignorarla e pretendere che non esista? O cercare e scavare finché non troviamo segni di bellezza della vita e in tutte le esperienze che ci offre? Il dolore in fondo ci definisce sempre, ma essere insieme e aver creato qualcosa di significativo da tutte queste sofferenze di uno di noi è stato lo spunto più utile che avessi potuto trovare”.
L’album ha inizio con la sua canzone più solenne, forse la più bella, Inaudible, un vero trionfo di sound epico melodico, alla Sigur Ros, per seguire poi con una ballata elettrica cupa, Angel of Death, da cui appunto inizia ufficialmente la trama del concept album, per poi procedere con un rock ritmato e tosto con Keel Timing.
Si arriva al singolo, Bed Head, che riprende lo stile epico, mentre Annie e Telepath hanno il senso di due digressioni acustiche, quasi ad alleggerire il sound che fin qui veramente si esprime con tutte le sue corde più potenti.
La narrazione musicale altisonante, intensa, piena di passione, riprende con Let It Storm e Dinosaur, arriva al suo trionfo con Obstacle e con Way Back sembra stemperarsi in ritmi più lenti, dissolti, da ballad, in vista del finale, The Internet, dove però il tono epico, marchio di fabbrica del rock dei Manchester Orchestra, riprende, suggellando la conclusione di questo disco bellissimo, una vera esperienza totale di ascolto, e immersione nelle musiche emozionanti e suggestive che solo questa band, ad oggi, riesce ad offrire, traendo lezione da Pink Floyd, Radiohead, Coldplay primi tempi e mescolando con il sound epic rock di Mogwai e Sigur Ros.
autore: Francesco Postiglione