Future Bites è il disco che farà arrabbiare i vecchi progster fan del primo Wilson e dei Porcupine Tree già delusi dal precedente To The Bone per quanto quell’album del 2017 fosse stato un disco importante, potente, evocativo ed ispirato, sia nella sua dimensione studio che in quella live, vissuta come grande evento sia per il pubblico che per l’artista.
Siamo d’accordo che Future Bites non ha la forza anthemica di To The Bone perchè non ha quelle chitarre, qui l’elettronica è ancor più invasiva, ma per noi questo non è affatto un difetto, tutt’altro.
Gli anni ottanta che pur c’entrano con questo lavoro son stati pieni di queste transizioni; pensiamo ai percorsi di Robert Fripp o di Adrian Belew, pensiamo al Peter Gabriel libero dai Genesis ma pensiamo anche al pop dei Power Station o dei Tears For Fears, tutti amori dichiarati con passione dal nostro ma mai ‘interpretati’ con nostalgia retròmane.
Niente ‘Stranger Things’ quindi; gli eighties di Steven Wilson sono così avanti, sono così ‘futuro remoto’ che ancora non ci sono stati. Ma non è un tempo distopico quello raccontato in Future Bites, anche se la lente deformante dell’isolamento forzato può provocare forti suggestioni, anche se la boutade che mette insieme oscure pulsazioni electro con i Chk Chk Chk di Freedom15 e i Fuck Buttons con il Bowie malato di Outside dura quasi dieci minuti laddove per i canoni della perfetta pop-song ne basterebbero tre; è semplicemente la nostra vita, ripresa dalla videocamera di un grande regista se vogliamo giocarci la metafora delle immagini. A tal proposito vi invito a guardare i video che sono stati realizzati per i singoli di quest’album, così essendo già online subito dopo potrete ordinare occhiali da sole, sbiancante per denti, saponi di cenere vulcanica, integratori multivitaminici, cuffie antirumore, sneakers firmate, bevande disintossicanti, tv led, ciglia finte, insicurezza e autostima.
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autore: A. Giulio Magliulo