Jangle pop for the people, così recitano le informazioni del gruppo su Spotify, i Rainsticks sono tra le raccomandazioni degli Wilco del 2020, esiste una playlist e se non utilizzate la piattaforma, sono anche su Bandcamp. October Onwards è uscito appunto nell’ottobre dello scorso anno e non è arrivato in cima a nessuna classifica, solo per l’appoggio merita però un ascolto che probabilmente si moltiplicherà se REM e più indietro Byrds, passano frequentemente dalle vostre cuffie.
I Rainsticks nascono a Nashville, Tennessee, da una costola dei Sun Seeker, tra country rock vintage, indie e psichedelia, i riferimenti al passato sono più che evidenti in entrambi le formazioni anche se Asher Orton, ideatore del progetto, precisa che i suoi albori musicali risalgono al 2010 nella scena garage rock di Nashville. Nel 2015 esce il primo capitolo Asher Horton’s Mystery Bone, quasi un album solista visto che Horton giocava con quei temi psyco pop dal 2012, registrandoli in casa e suonando quasi tutti gli strumenti; i Rainsticks infine spuntano fuori nel 2018 con un nuovo disco Elkmont. Affermano di risiedere stilisticamente tra Laurel Canyon (la mecca della controcultura di fine ’60 e inizio ’70, dalla Joni Mitchell di “Lady of the Canyon” ai già citati Byrds, passando per Brian Wilson e arrivando a Jackson Browne) e Athens in Georgia (ancora Micheal Stipe e compagnia) e riportano alla luce il meglio della vecchia scuola pop con armonie e strumenti presi in prestito da Beatles, Beach Boys e non solo…in “Moss Curtain” nell’ordine: Kurt Vile, Real Estate e XTC si spartiscono la canzone passandosi le chitarre jingle-jangle come in una corsa a staffetta culminante in un nonsense sonoro degno della band di Andy Partridge.
Il loro canale YouTube è decisamente povero, un paio di video, “Cut the Corners” dall’ultimo, “Watercolors” dal secondo, ELKMONT, ed un’esibizione live di 25 minuti registrata con i piedi…
autore: Lorenzo Donvito