Continua la collaborazione tra Le Assaggiatrici, spazio dedicato alla letteratura (potete trovarle su Facebook, Instagram, Twitter e WordPress), e la redazione di FreakOutMagazine. Riproporremo sul nostro sito e attraverso i nostri canali le recensioni di #ApranzoconBabette, la rubrica dedicata da Le Assaggiatrici al cinema e alle trasposizioni cinematografiche. Il secondo appuntamento è con un capolavoro della letteratura statunitense diventato un classico cinematografico. Parliamo de “Il buio oltre la siepe” per la regia di Robert Mullighan, tratto dall’omonimo romanzo di Harper Lee di Michela Aprea
Diretto da Robert Mullighan e interpretato da un indimenticabile Gregory Peck, “Il buio oltre la siepe” (1962) è tratto dall’omonimo romanzo di Harper Lee del 1960.
Il titolo originario “To Kill a Mockingbird”, letteralmente “Uccidere un mimo”, un passerottino, non richiama minimamente la traduzione italiana. Si riferisce invece ad un passaggio del romanzo, quando Atticus Finch, avvocato e protagonista insieme ai figli del racconto, spiega che quando era piccolo suo padre regalandogli un fucile gli disse che poteva sparare contro qualsiasi volatile tranne che a un mimo (che non dà fastidio a nessuno). La metafora perfetta per sintetizzare la vicenda raccontata, quella di un nero accusato di violenza carnale perché nero, nell’America del 1932. Quello di Harper Lee, premio Pulitzer nel 1961 proprio grazie a “Il buio oltre la siepe”, è il racconto innamorato di una figlia. Di un padre amatissimo, generoso, giusto. Un padre che nel cuore dell’America più razzista e retriva, siamo in Alabama (altro che sweet home!), assume la difesa di un nero, accusato da un bianco di averle violentato la figlia. Scout insegue il padre nella vicenda, lo sostiene, lo difende al modo che può una bambina a cui è rimasta soltanto il padre, un fratellino dispettoso, Jem, e la dolce “mamie” Calpurnia.
Film dal valore indiscutibile, vincitore di tre Oscar (miglior attore protagonista, sceneggiatura non ufficiale, scenografia), un Golden Globe (Peck) e il premio Gary Cooper al festival di Cannes (Mullighan), nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito al trentaquattresimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi. Dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al venticinquesimo posto.
Musiche di Elmer Bernstein, fotografia di Russell Harlan.