Un film intenso e potente, sorretto da una profonda sensibilità e un solido sguardo analitico, il primo lungometraggio del regista Marcello Sannino, forte della lunga esperienza da documentarista e delle interpretazioni magistrali di Rongioni, Nasti e Lotito, è un’opera manifesto, e Napoli per una volta resta soltanto uno sfondo di Michela Aprea
Fragile come una rosa, dura come la pietra, fulgida come una stella, “rosa, preta, stella”: Carmela, Carme’ è così nel celebre brano di Sergio Bruni. Non è diversa la donna tratteggiata dallo sguardo di Marcello Sannino, autore partenopeo conosciuto ai più per i suoi lavori documentaristici (“Corde”, premiato al Torino Film Festival, “Seconda Natura” e “Porta Capuana”, tra gli altri), ora con “Rosa, Pietra, Stella” alla sua prima prova con la fiction.
Il titolo del film, un omaggio alla canzone napoletana, è stato scelto – galeotto fu uno dei produttori, Gaetano Di Vaio della Bronx Film, che prese a canticchiarla stimolando l’immaginazione del regista e di uno degli sceneggiatori, Guido Lombardi – per raccontare una donna che, proprio come la Carmela di Salvatore Palomba, Sannino ha realmente conosciuto.
“L’ispirazione -riportano le note di regia – viene da una persona reale, un’amica conosciuta anni fa e che mi ha spesso coinvolto in giornate senza fine, passate ad inseguire persone da incontrare, commissioni da fare all’ultimo momento, illusioni quotidiane per non tornare a casa e in fondo fuggire al destino di una vita segnata dalla nascita. Partendo da questo rapporto ho immaginato il personaggio di Carmela”.
Un’equipe affiatata di solidi professionisti, – tra gli altri il direttore della fotografia Alessandro Abate, il musicista Riccardo Veno -, accompagna Sannino in questa prima esperienza cinematografica.
Una prova che ha nulla di meramente metafisico, il racconto del cineasta originario di Portici è capace di aderire con stupefacente sensibilità alla realtà, lasciandone scoperte le molteplici sfaccettature e consegnando allo spettatore uno sguardo che è enigma.
Oltre i fratelli Jean Pierre e Luc Dardenne, oltre Ken Loach, il regista ha affermato di essersi lasciato guidare da Alberto Grifi e dal suo “Anna”, girato nel 1972 insieme a Massimo Sarchielli. Ma l’impressione è che Sannino, dalla lezione “grifiana” abbia attinto più per la sua sperimentazione sulla scomposizione della visione che per quell’imponente esperimento di “cinéma direct”, dando vita ad un racconto che pure in “Rosa, pietra, stella” si fa caleidoscopio, straniamento, svelamento del reale.
Nel mondo portato sullo schermo i figli sono sullo sfondo, un accidente lungo il corso della vita alla mercé di adulti incapaci di badare a sé, catturati nella ragnatela di falsi miti, illusioni, solitudini autoindotte. I bambini stanno lì a guardare mentre neanche il mondo antico, quello dei nonni, riesce più a tenere il legame di un senso del vivere comune irrimediabilmente sfaldato pure nel suo nucleo più profondo, la famiglia.
Non c’è speranza per i reietti portati sullo schermo da Sannino, non più gli ultimi, sporchi, straccioni, come nella tradizione del cinema neorealista italiano o gli accattoni di pasoliniana memoria, ma uomini e donne incantati dalla mitopoietica capitalista, dall’idea che l’uno trionferà ad ogni costo, in un nuovo ordine etico e morale che non ammette solidarietà ma solo sotterfugio, esercizio del potere, imbroglio.
La pietas è una dote riservata tutt’al più a Tarek e Maria, magistralmente interpretati da Fabrizio Rongioni (alle spalle numerose collaborazioni soprattutto con i fratelli Dardenne) e Ludovica Nasti (nota ai più per l’interpretazione della piccola Lila nelle serie tv “L’Amica Geniale”), mentre pure lo Stato e la Chiesa restano biecamente ancorati a logiche tanto conservazioniste quanto autodelegittimanti.
Non c’è spazio per il “Bene Comune”, l’altro è solo un mezzo per raggiungere il proprio obiettivo nel mondo di Carmela. “La donna non capisce che quelli che ha intorno sono come lei, che potrebbe allearsi a loro – sostiene il regista durante la prima napoletana del film, tenuta al cinema Modernissimo – e costruire insieme la possibilità di una vita migliore”.
Napoli resta sullo sfondo e pure questo appare come un prodigio dello sguardo di Sannino: capace di raccontare una storia di ultimi, a Napoli, seppure il centro della narrazione sia nella cittadina vesuviana di Portici, senza lasciarsi cannibalizzare dalla città. Un obiettivo quasi impossibile, e però pienamente raggiunto: “ Napoli – ha confessato al pubblico – finisce sempre per diventare un personaggio del film, mangiandoselo tutto”.
Stavolta non è così. La città è un incidente come il luogo in cui si nasce e la storia potrebbe essere ambientata a Bari, Milano, Amburgo o in una banlieu francese senza smettere di mostrare la sua verità.
Incredibile l’interpretazione della pugliese Ivana Lotito (Carmela), in grado di dare corpo, anima e voce a uno dei personaggi cinematografici più potenti del cinema contemporaneo.
La nouvelle vague napoletana esiste e Sannino ne è tra i padri fondatori”.
Prodotto da Antonella Di Nocera (Parallelo 41 Produzioni), Gaetano Di Vaio e Giovanna Crispino (Bronx Film) e Pier Francesco Aiello (PFA Films) con Rai Cinema, il contributo di MIBACT-DG Cinema e Audiovisivo, Regione Campania e Film Commission Regione Campania, il film è distribuito da PFA Films. Presentato al Rotterdam International Festival e al Pesaro Film Festival, “Rosa, pietra, stella” è stata tra le opere in gara nella nella categoria Generator + 18 della 50esima edizione del Giffoni Film Festival. Scritto da regista in collaborazione con Guido Lombardi , Massimiliano Virgilio e Giorgio Caruso è disponibile in streaming sulla piattaforma Chili, insieme alle altre opere del regista e al cinema.
Qui l’elenco delle sale:
Roma: Cinema Intrastevere – Multisala Madison
Milano: Cinema Beltrade
Napoli: Cinema Modernissimo – Cinema Vittoria -Area Modernissima/ex base Nato
Torino: Cinema Massimo – Cinema Due Giardini