A ventuno anni dalla pubblicazione di “Anahata” del 1999 e a vent’anni dallo scioglimento (datato 2000), i June of ’44 portano a compimento il percorso di rinnovamento intrapreso nel 2018, con la pubblicazione di un nuovo lavoro discografico “Revisionist: Adaptations and Future Histories in the time of Love and Survival” (distribuito in Europa da La Tempesta e in America da Broken Clover), figlio di un’operazione che getta un ponte immaginario tra passato, presente e futuro.
Dopo aver messo un punto fermo con i seminali “Engine Takes To The Water” (1994) e “Tropics And Meridians” (1996) e aver definito un proprio linguaggio musicale con il capolavoro “Four Great Points” (1998), marchiando in modo indelebile la storia della musica negli anni ‘90, il gruppo di Jeff Mueller, Sean Meadows, Doug Scharin e Fred Erskine riprende il proprio percorso artistico lì da dove lo aveva interrotto nel 2000, quando si era resa necessaria una pausa, stante la palmare “stanchezza” che stava iniziando a caratterizzare le uscite discografiche della band statunitense, soprattutto nel “perdente” confronto con i loro primi quattro lavori.
“Revisionist: Adaptations and Future Histories in the time of Love and Survival”, continente, infatti, nuove versioni di brani estratti da “Anahata” e “In The Fishtank”, outtakes e due remix firmati rispettivamente dai Matmos e da John McEntire.
E così, se per i Matmos “A Chance to Cut is a Chance to Cure” diviene “A Chance To Cure Is A Chance To Cut Your Face”, un’apertura che è un taglio sul volto e che disorienta nel suo collage distonico, il remix a firma McEntire sutura e porge l’altra guancia in “A Past To Face”, facendo sorgere l’interrogativo di cosa sarà (a questo punto) l’atteso futuro “inedito” per un nome che porta con sé tutto il peso della responsabilità di essere “June of 44”.
E in occasione dell’uscita di “Revisionist: Adaptations and Future Histories in the time of Love
and Survival”, abbiamo posto alcune domande al gruppo statunitense, sul rapporto tra passato e presente alla luce del quarto di secolo di carriera musicale, domande che hanno trovato pronta risposta da parte dell’altro storico chitarrista Sean Meadows.
Since 1995, with the debut album “Engine Takes To The Water”, passing for the iconic “Tropics And Meridians” and “Four Great Points”, to date, how have you perceived the change in the world music scene?
SM: While June of 44 was operating in the 90’s small bands could tour playing mostly clubs and sell a modest amount of records and expect to see royalties a few times a year. Those royalties paid our rent sometimes, usually we spent them on gear upgrades, and occasionally there would be enough to put in the bank. We felt in a very real palpable way the emergence of Napster and other music streaming sources. The music festival reality as we know it today had not yet developed. Those dynamics in my view are the real seismic shifts since the 90’s. Pervasive online music and the collective appetite for experiencing live music in a festival setting. Neither of those realities existed when we started and they weren’t yet a forgone conclusion either. Those things are neither good nor bad, they’re just developments. The crucial function of music to connect people and human emotion remains, and I imagine it will persist as long as people make music, and I feel as long as we exist we’ll want, need, and make MUSIC.
FM: Dal 1995, con il disco di debutto “Engine Takes To The Water”, passando per gli iconici “Tropics And Meridians” e “Four Great Points”, ad oggi, come avete percepito il cambiamento nella scena musicale mondiale?
SM – Negli anni ’90, quando suonavano i June of 44, le piccole band potevano fare tournée esibendosi principalmente in club e vendere una modesta quantità di dischi e aspettarsi di vedere i diritti d’autore poche volte all’anno. Con quelle royalties alcune volte pagavamo il nostro affitto, di solito le spendevamo per il miglioramento della strumentazione, e solo occasionalmente ne retavano abbastanza da mettere in banca. Abbiamo avvertito in modo molto tangibile la nascita di Napster e di altre fonti di streaming musicale. La realtà dei festival musicali, come la conosciamo oggi, non si era ancora sviluppata. Queste dinamiche a mio avviso sono il reale mutamento dagli anni ’90. Musica online diffusa e fame collettiva di vivere la musica dal vivo in un festival. Nessuna di queste realtà esisteva quando abbiamo iniziato e non erano nemmeno una conclusione scontata. Tali cose non sono né buone né cattive, sono solo sviluppi. La funzione cruciale della musica per unire le persone e le emozioni umane rimane e immagino che persisterà finché le persone faranno musica, e sento che finché esisteremo vorremo, avremo bisogno e faremo MUSICA.
FM – What are the main evolutions and involutions also on a social level that have characterized these twenty five years?
SM – 25 years is a solid metric of measurement. It’s a humbling experience to be discussing anything you’ve worked on from this distance. To see ourselves become husbands and fathers is the most prominent evolution. To put the lens on the social aspects of the overall community is difficult considering we’ve lost so many beautiful and singular voices. Even today I’m getting news of someone passing. New voices are developing and emerging and the story of our lives continues. Looking forward there must be optimism, looking back I’m impressed with the intrepidness of a generation of artists that wandered around in the dark ages of pre-internet and GPS navigation systems looking for kindred spirits with which to share ideas, music, and ultimately life itself. During those final hours of a world un-inter-connected there were artists and musicians making discoveries and developing ideas that had been presented by the generation before them. I’m not sure I fully comprehend what is going on now but I’m certain the environment and process is not comparable to the process and environment before. Let’s think about Art from 1900 to 1925 or Music from 1960 to 1985. 25 years is a solid metric to gauge how certain ideas fully develop within a community of artists. From 1950 to 1975 we can now see a conversational dialogue that goes from the Jazz Giants to the Beat Poets to Rock and Roll to Cinema to the Art World to Punk Rock, and a lot of converging and diverging paths along the way, it’s all really one subject.
So I do see connections between what is happening today with art and music and technology and how things are developing and how a lot of uncovered gems from the past can gain importance later on. To our generation for example someone like Nick Drake and his singular small catalog of music seem so crucial and it has become canonized with the classics of his age and yet sadly he didn’t live long enough to experience how important his music was to become to other people. His music today seems absolutely vital. I’m not trying to make a comparison with his music and ours rather what I’m trying to illustrate is you can hear his voice in an entire generation of artists alive today. That dialogue through the medium of recorded music is glacially slow and to hear it’s message it takes a ton of attentive listening.
FM – Quali sono le principali evoluzioni e involuzioni, anche sotto l’aspetto sociale, che hanno caratterizzato questi ultimi venticinque anni?
SM – 25 anni sono un valido metro di misura per fare una valutazione. È un’esperienza che rende umili mettersi a discutere da un tale distanza di qualcosa su cui hai lavorato in questo lasso di tempo. Vedere noi stessi diventare mariti e padri è l’evoluzione più importante. Puntare la lente sugli aspetti sociali dell’intera comunità è difficile, considerando che abbiamo perso così tante “voci” belle e singolari. Anche oggi ricevo notizie di qualcuno che “passa”. Nuove voci si stanno sviluppando ed emergendo e la storia delle nostre vite continua. Guardando avanti ci deve essere ottimismo, guardando indietro sono impressionato dall’intrepidezza di una generazione di artisti che vagavano nei secoli bui dei sistemi di navigazione pre-internet e GPS alla ricerca di spiriti affini con cui condividere idee, musica e, in ultima analisi, la vita stessa. Durante gli ultimi momenti di un mondo non interconnesso, c’erano artisti e musicisti che facevano scoperte e sviluppavano idee che erano state presentate dalla generazione precedente. Non sono sicuro di comprendere appieno cosa stia succedendo ora, ma sono certo che l’ambiente e il processo non siano paragonabili al processo e all’ambiente di prima. Pensiamo all’arte dal 1900 al 1925 o alla musica dal 1960 al 1985. 25 anni sono un valido metro per misurare come certe idee si sviluppino pienamente all’interno di una comunità di artisti. Dal 1950 al 1975, possiamo ora vedere un dialogo che va dai “Jazz Giants” ai “Beat Poets”, al Rock and Roll, al Cinema, al Mondo dell’Arte, al Punk Rock, e molti percorsi convergenti e divergenti lungo la strada, è in verità davvero un tutt’uno.
Vedo commistioni tra ciò che sta accadendo oggi con l’arte, la musica e la tecnologia e come le cose si stanno sviluppando e come molte “perle” riscoperte del passato, possano poi acquisire importanza. Per la nostra generazione, ad esempio, un musicista come Nick Drake e il suo unico piccolo catalogo di musica sono diventati cruciali ed è stato canonizzato con i classici della sua età ma tuttavia, purtroppo, non ha vissuto abbastanza a lungo per vedere quanto fosse importante la sua musica per altre persone. La sua musica oggi appare assolutamente vitale. Non sto cercando di fare un paragone tra la sua musica e la nostra, piuttosto quello che sto cercando di dire è che puoi sentire la sua voce in un’intera generazione di artisti che vivono oggi. Un tale dialogo attraverso il mezzo della musica registrata è estremamente lento, e per ascoltare il suo messaggio ci vuole molto ascolto.
FM – After about twenty years from the release of “Anahata” what has made you to the publication of “Revisionist: Adaptations and Future Histories in the time of Love and Survival”?
SM – We were invited to play at Uzeda’s 30th birthday party in Catania, as you may know, in May 2018. We didn’t think we could do it and then inversely it appeared to be a challenge we couldn’t NOT do. June of 44 always operated somewhat on a tightrope/ highwire methodology. I think now we’re reconsidering that approach to our work.
We’ve been able to do 4 short tours and with that much playing together the next development was to make recordings. We’ve spent a lot of our efforts in these last 2 years making adjustments to our existing songs, and we wanted to record them before we move on, to document them where they are now, and to get them out of our system so to speak.
Making music with Doug, Fred and Jeff has been an exceptionally special experience for me personally and in these uncertain times I’m hoping there will be more opportunities to share our music with friends old and new and given the chance, to make more new music. For me this record seems like a possible gateway or bridge between where we’ve been and where we’re going.
FM – Dopo circa vent’anni dall’uscita di “Anahata” cosa ha portato alla pubblicazione di “Revisionist: Adaptations and Future Histories in the time of Love and Survival”?
SM – Siamo stati invitati a suonare alla festa del trentesimo compleanno di Uzeda a Catania, come forse saprai, nel maggio 2018. Non pensavamo di poterlo fare e poi, invece, è sembrata una sfida che non potevamo NON accettare. I June of 44 hanno sempre un po’ operato con una metodologia da funamboli. Penso che ora stiamo riconsiderando questo nostro approccio al lavoro.
Siamo stati in grado di fare quattro brevi tour e con così tanto suonare insieme il passo successivo è stato quello di fare delle registrazioni. Abbiamo impiegato molti dei nostri sforzi in questi ultimi due anni per apportare modifiche alle nostre canzoni già esistenti, e volevamo registrarle prima di andare oltre, per documentar dove sono ora e per farle uscir fuori dal nostro mondo per così dire.
Fare musica con Doug, Fred e Jeff è stata un’esperienza eccezionale per me e in questi tempi incerti spero che ci saranno più opportunità di condividere la nostra musica con amici vecchi e nuovi e la possibilità di fare nuova musica. Per me questo disco è come una possibile porta o ponte tra dove siamo stati e dove stiamo andando.
autore: Marco Sica