In quasi quattro decenni di fruttuosa attività, l’evoluzione dei Depeche Mode rappresenta uno degli spaccati che meglio ha sintetizzato l’eterna dicotomia fra arte e consenso di massa (non per niente uno dei loro capisaldi del 1987 aveva come titolo volutamente ironico Music For The Masses).
Partiti in forma di band smaccatamente pop (accezione che per lungo tempo li accompagnerà in maniera negativa, specie agli occhi della critica della madrepatria Inghilterra), la cui unicità risiedeva nell’uso di strumentazione solo elettronica (si parla di un’epoca, l’inizio degli anni 80′, dove questa pratica era ancora agli albori), con la prematura dipartita del primo compositore Vince Clarke le cose cambiano in maniera decisa
La salita in cattedra al suo posto di Martin Gore, unita all’evoluzione in qualità di frontman dal vivo e principale vocalist di Dave Gahan, l’entrata in formazione di un virtuoso musicista ed abile arrangiatore e lavoratore in studio di registrazione quale Alan Wilder, nonché l’indispensabile figura di raccordo fra i tre e delle facezie manageriali delegate ad Andrew Fletcher, andrà a formare il quartetto giusto in seno al gruppo affinché la qualità della proposta incontri, gradualmente, i favori del pubblico e delle vendite copiose.
In molti ritengono, direi giustamente, in siffatta formazione e in dischi quali Violator (1990) e Songs Of Faith And Devotion (1993), l’apice della carriera dei Depeche Mode.
E’ in questa fase che si concentra la nostra attenzione dato che quanto asserito sinora prende spunto da Enjoy The Silence. L’ultimo inno del secolo breve, stuzzicante libro scritto dal giornalista campano Alessandro Mazzaro.
Piuttosto che cimentarsi nell’ennesima biografia fuori tempo massimo, l’autore parte dalla storia di uno dei brani più famosi dei DM per portarci in un viaggio che parla sia di musica che della società di fine secondo millennio.
Il racconto parte proprio dall’Italia e più precisamente da Milano. E’ qui che i quattro insieme al produttore Flood prendono possesso degli avanguardistici Logic Studios dei fratelli La Bionda in vista della lavorazione del futuro album Violator.
Siamo in piena epoca della Milano da bere, città piena di vizi patinati e di virtù ma che a livello europeo viene ritenuta un luogo in pieno fermento artistico. Lavoro di ricerca e divertimento, un connubio che farà breccia nel cuore dei quattro ragazzi britannici.
La scena si sposta quindi nei danesi Puk Studios, luogo tanto moderno nelle attrezzature quanto isolato in piena campagna. Il soggiorno porterà succosi frutti, pur facendo realizzare ai nostri il prezzo da pagare legato alla crescente popolarità.
Fra i pezzi ivi portati a termine figura quella Enjoy The Silence che, nata in versione demo come lugubre ballata per solo harmonium e voce, dietro insistenza della coppia Flood e Wilder viene tramutata in un pezzo dalle ritmiche dance e perfezionata con un elementare quanto efficace riff di chitarra da un recalcitrante Martin Gore, assai riluttante nel veder trasfigurato un pezzo così intimo, dedicato addirittura al piacere del silenzio.
Si sa, però, che non sempre gli artisti sono i migliori giudici della loro opera e, a mio avviso, c’è da aggiungere quanto vitale sia stato l’apporto di Wilder nell’ascesa dei Depeche Mode e ciò ne è un pugnace esempio, non tralasciando di sottolineare l’importanza di un grande produttore nella perfetta riuscita di un disco.
Messa da parte la genesi sull’arrangiamento definivo della canzone Mazzaro si concentra sul testo ad essa attinente.
E’ innegabile che ad un attenta analisi, sebbene la poetica di Gore si muova nell’ambito della popular music, il meglio di sé lo dia quando tratta temi introspettivi, pieni di una non comune sensibilità e che, nella loro relativa semplicità, offrono più chiavi e ambiguità di lettura.
Nel caso di Enjoy The Silence l’autore del libro ne propone un’interpretazione audace ma ben argomentata: la ricerca del silenzio come riconciliazione col proprio io più profondo, in una sorta di pace interiore, in grado di attenuare gli effetti stranianti della globalizzazione che giusto in quegli anni stava lentamente affermandosi nel mondo.
Altro evento internazionale di poco antecedente alla nascita del brano dei Dm e che, a latere riguarda la band e riportato in questi scritti, è la caduta del muro di Berlino nel Novembre del 1989. Se nell’allora lato occidentale della Germania i quattro ottennero il primo grande successo di massa della loro carriera e ivi concepirono alcune gemme della discografia dei nostri, per una serie di vicissitudini la fama del gruppo ebbe altrettanta popolarità nel versante est teutonico (e dell’Europa orientale in genere), in cui la libertà di pensiero e la diffusione della musica erano sotto il rigido controllo della dittatura del sistema socialista che a mala pena li sopportava.
Il tutto culminò in un mitico concerto nella Berlino Est del 1988, a qualche mese dalla riunificazione della Germania e di ciò che ne è conseguito.
Dopo questa breve e significativa parentesi, l’autore torna a bomba sulla protagonista del racconto, andando a narrare del video di Enjoy The Silence.
La ricerca del silenzio di un errante Gahan in versione “regale” e sedia a sdraio appresso durante un un viaggio attraverso paesaggi mozzafiato sono il perfetto corollario che unisce una bella canzone ad un altrettanto significativo video, consolidando il grande riscontro ottenuto da tale connubio.
Ciò permette anche di evidenziare l’importanza di Anton Corbjin, altro cardine strategico nella definitiva consacrazione del gruppo, grazie alla maestria come fotografo, specie in bianco e nero, e spesso altrettanto bravo in veste di regista di video musicali.
Ennesima conferma che la qualità non sia a forza nemica del consenso di massa.
Seguono le osservazioni sui vari remix (pratica portata avanti sin da inizio carriera e che pure ha avuto un ruolo non marginale nell’ascesa del combo inglese) realizzati del brano dei Dm, il cospicuo successo internazionale alla pubblicazione di Violator (vero spartiacque nell’introduzione ai primi posti nell’ampio mercato USA, sino ad allora abbastanza allergico alle produzioni elettroniche tout-court), il tour mondiale di supporto al disco nel corso del quale si esibiscono, costantemente, in grandi arene e stadi, le insidie della popolarità planetaria (a turno, in particolare Gahan, ne subiranno pesanti conseguenze personali da tempo, fortunatamente, superate), le tante cover realizzate del pezzo.
Descritti a sommi capi i temi trattati nel tomo di Mazzaro è l’ora di trarne delle conclusioni. I fan accaniti dei Depeche Mode, probabilmente, non troveranno in esso delle novità sostanziali, in quanto il libro riprende a piene mani episodi esposti in altri scritti pubblicati sopratutto in Italia.
La bravura del giornalista campano sta nel rivedere, al netto di qualche forzatura cronologica, le stesse vicende sotto una nuova ottica e, prendendo a pretesto l’unicità di una canzone come Enjoy The Silence, innescare un parallelo tra la storia del gruppo ed i contemporanei eventi mondiali, mostrando in che modo la musica sappia andare oltre la semplice gradevolezza di una bella melodia.
Lo stile scorrevole ed, al contempo, intrigante dell’autore ne fanno di sicuro una lettura consigliata. Enjoy!
https://www.gmpress.it/prodotto/enjoy-the-silence-lultimo-inno-del-secolo-breve/
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autore: LucaMauro Assante