Ricordare cosa fosse definibile death/doom per coloro che erano presenti quando tali ibridazioni nascevano significa prendere atto di quanto oggi esse siano diventate (e rappresentino) altro.
E’ soprattutto la compenetrazione degli universi post-hardcore e metal che ha reso innocua la carica virulenta (e violenta) dell’old school e questo ha influito sia sui suoni che sull’attitudine di una band come gli inglesi Atavist.
Alchemic Resurrection del neanche troppo lontano 2008 paragonato a questo III: Absolution è un esempio di come quest’ultimo sia innegabilmente figlio del nostro tempo.
Ora gli Atavist possono permettersi brani come Loss caratterizzati da archi (Jo Quail e Bianca Blezard) e quindi di poter profanare baluardi post-rock malinconici e struggenti per poi evolversi in un post-core lento, riflessivo e scolpito nel marmo.
Dire ‘doom solenne e drammatico’ forse fa sentire più a casa un certo tipo di ascoltatori ma la partita si gioca tutta in questa apparente contrapposizione che se dal punto di vista dialettico lascia il tempo che trova, da quello emozionale potrebbe definire in ultima analisi il target a cui consigliare o meno questo disco.
Di statica desolazione sludge apocalittica qui non c’è traccia, è semmai un imminente senso di condanna a snodarsi lungo l’opera e la tanto agognata assoluzione promessa fin dal titolo la si guadagna proprio grazie a questo essere ‘dritti e quadrati’ di retaggio metal.
Un’essenza metal dunque nelle intenzioni generali, ben manifesta dal growl di Toby Bradshaw più che dai ferali rintocchi di campana di Self Realisation o dall’arpeggio acustico della conclusiva Absolution.
Forse la distesa di synth dark ambient che apre proprio Absolution fornisce una possibile chiave di lettura, che sancisce che questo disco vale di più della somma delle sue parti.
Che siate fan di Paradise Lost e My Dying Bride oppure siete sul versante Amenra o Cult Of Luna, potrete carpire il meglio da questo produzione.
Se invece è la dinamicità che cercate allora potete anche ignorare del tutto quest’album poiché in questi ambiti musicali essa è un po’ un ossimoro.
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autore: A. Giulio Magliulo