Cosa gli vuoi dire ad un personaggio che intreccia due fronti d’attività come quello di solista musicale e quello di psicopatologia cantata (Psicantria)? Solo apprezzamenti ed applausi spontanei, perché il modus-operandi del modenese Gappa (Gaspare Palmieri) avvicina due realtà interessanti, all’apparenza agli antipodi, benché nei suoi 3 album (compreso il qui presente “Passeggeri”) è sua intenzione distaccarsi dal mondo professionale per elargire “visite” nel suo cosmo intimistico, accogliendo gli ascoltatori nella sala d’attesa di un album sincero e sopraffino, con 9 scansioni di blues e cantautorato. Si entra nei primi raggi oscuri de “La caverna” , i cui rintocchi della slide-guitar sono inequivocabilmente quelli di un’espressività a tematica sociale, senza disdegnare pertinenti miscellazioni di pop. Similarmente, importa tale indole anche nella title-track ma con spolverate percussive, garbati riverberi e tastierine easy che esaltano i timpani gustativi. Con “Chi resiste” s’aprono finestre sul cantautorato tradizionale, con la scelta felice d’incastonare la splendida chitarra classica di Luigi Catuogno e gli strali acustici dell’arranger Lorenzo Mantovani (che ritroveremo a suonare il sarangi nella successiva “Lucia”), col risultato che la commozione striscia sotto-pelle con una tematica di resilienza. Ora, nella succitata “Lucia”, Gappa vira in ambiti bossa-pop, avvalendosi dell’ausilio del citato sarangi (strumento ad arco indiano) per delineare un quadretto evasivo, distaccandosi provvisoriamente da sfondi sociali. In “E cammina, cammina, cammina” disegna un mood tenero contemplando una dedica alla figlia con classica minimalità acustica , con la quale riesce ad elargire dolcezza emotiva. Invece, “Gregor Samsa” ci compenetra in un’elegante chorus scritturale , visto che l’ampiezza strutturale è curata con soffici dosaggi sonori, atti a suscitare uno spaccato di speranza, per riprenderci la vita vera che, francamente, ci sfugge di mano, complice la superficialità dilagante e spersonalizzante. Dopo l’immancabile episodio-ballad, sviscerato nell’intensa “8 agosto”, in cui miscela la sua voce con quella del corista Lele Chiodi, (già in forza con Guccini), si passa alla verace intimità di “Nei cieli di Modena”: chiaro omaggio alla città d’origine, colpita al cuore e messa in ginocchio dal sisma di otto anni fa. “Siddharta” ha stilemi e idee assemblative sulla scia di De Andrè: tipiche “sviolinate” strumentali appoggiate su racconto snello e saltuario ricorso a gustoso rimario. Un atto che, finalmente, denota luce da happy-ending tanto attesa nel percorso argomentativo in chiaro-scuro, che Gabba ha saputo bilanciare con maestria e signorile stilismo, donando a noi “Passeggeri” un ameno viaggio in centrata empatia introspettiva.
autore: Max Casali