Tremate, tremate i Ministri son tornati. Parafrasando lo slogan femminista – anche se qui c’entra poco – si può introdurre alla perfezione il nuovo disco della band milanese, che ritorna a tre anni dalla pubblicazione di “Fuori”. Ma non sono tornati soltanto con un nuovo disco, perché è più corretto dire che sono tornati alle origini, a quello che erano agli esordi, al gruppo incazzato la cui musica faceva un (bel) rumore ma i cui testi facevano (tanto) riflettere. I Ministri che la maggior parte dei fan amano, in buona sostanza.
Attenzione però, non si tratta certo di un regresso, almeno al livello musicale, più che altro è una riscoperta dell’antica verve che forse si erano un po’ persi per la strada, sarà forse per quello che si intitola “Per un passato migliore”. Lo si è capito subito già da “Comunque”, primo singolo estratto dal disco, che oltre a tanti bei riffoni di chitarra rock’n’roll ha anche un testo notevole (che belli i tuoi progetti il tuo sudore/ la tua fiducia cieca nel lavoro che ci mobilita e ci distrae/ che ti conviene fare in fretta sai a sistemarsi/ prima che il mattone ritorni forte/ peccato che la tua casa non vale niente), in un insieme sicuramente orecchiabile ma che lascia parecchio amaro in bocca.
A seguire troviamo le varie declinazioni dei Ministri, come quella post punk/grunge, che si esplica in “Le nostre condizioni”o “Mille Settimane” e quella più genere ballad, come in “La pista anarchica” o “Se si prendono te”, anche se qui ci troviamo dinnanzi a un caso di disco bello e ben fatto dall’inizio alla fine, quindi scegliere un pezzo piuttosto che un altro non è facile.
Altra differenza col passato, sempre in positivo, è sicuramente il livello tecnico, che qui è decisamente superiore anche rispetto al loro ultimo lavoro, tanto che persino il mordente della chitarra, che li ha sempre caratterizzati, qui sembra essere come rinvigorito.
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autore: Veronica S. Valli