Quinto appuntamento per i Cinepost. Recensioni e resoconti dal mondo del cinema (ri)posati, lontani dalla logica dell’immanente, del “tutto e subito”, per lasciare spazio alla riflessione e all’approfondimento.
Racconti dal cinema e per il cinema che rifuggono dalla mera promozione commerciale per farsi elezione culturale. Sarà dato spazio a resoconti, incontri e interviste, purché lontane dal vortice delle premiére, delle sale e delle programmazioni cinematografiche.
Per un Cinema scelto, pensato, “d’essai”, liberato dal circuito dei cineamatori. Aperto a tutti. E sempre disponibile.
Del resto, la molteplicità di fruizione e accesso al racconto cinematografico, rendono la corsa contro il tempo un inutile esercizio senza stile. E per Cinepost lo stile è tutto.
Insulso, inconsistente, privo di inventiva e di sostanza, il film del regista di pellicole indimenticabili come “Il ladro di bambini” e “Lamerica”, appare come un atto di puro onanismo artistico: una goccia di vita scappata dal nulla e gettata addosso a poveri spettatori inermi di Michela Aprea.
Un film non è una goccia di vita scappata dal nulla. Esso è il frutto di una decisione, è il prodotto di una lunga gestazione voluta, condivisa, da una folla di persone (sceneggiatori, tecnici,attori, tanto per citare l’essenziale) e, soprattutto, da una produzione che detta i tempi, quando non anche i temi.
Cos’è, invece, Hammamet, l’opera di Gianni Amelio liberamente (ma è più corretto dire spudoratamente) ispirata al segretario del PSI Bettino Craxi?
Insulso, inconsistente, privo di inventiva e di sostanza, il film del regista di pellicole indimenticabili come “Il ladro di bambini” e “Lamerica”, appare come un atto di puro onanismo artistico: una goccia di vita scappata dal nulla e gettata addosso a poveri spettatori inermi.
Del perché e del per cosa ha spinto uno che è contemplato tra i grandi autori del cinema italiano contemporaneo, a dare vita al film, forse è inutile interrogarsi.
Alla verità è meglio preferire l’illusione che sia stato una sorta di sindrome di Stendhal: la volontà di profanare quello che era stato il volto di Di Vittorio (Pierfrancesco Favino) e di trasmutarlo in Craxi. Fosse davvero così, almeno, ci sarebbe il carattere della visione.
Mancano troppi elementi per suffragare una tale tesi e dare dignità ad un film che può essere definito solo per negazione: non è l’esaltazione di uno statista, non è una rilettura e neanche una cronaca di fatti realmente accaduti, non è un biopic e neanche, non lo è, un’opera morale o critica o di pura fiction.
Amelio mette sullo schermo due ore di racconto avviluppato su se stesso. Inseguiamo gli ultimi anni di Craxi divisi tra la fuga ad Hammamet e gli effetti dell’inchiesta di Mani Pulite sulla politica italiana della fine del secolo scorso. Anni di indolenza tra bignè, pasticcini, un’amante non più desiderata (Claudia Gerini), un nipote in crisalide, un ragazzo misterioso e inquietante, una figlia ingombrante e onnipresente, una moglie naif e un figlio che se avesse scelto di suonare e cantare… Il dramma se c’è stato, pare non aver scalfito le bianche mura della roccaforte tunisina dei Craxi. Almeno, secondo la ricostruzione riportata sullo schermo. Perché se anche il dramma c’è stato, Amelio ha preferito ricondurlo alla notte dei tempi, a quella maledizione infantile, seguita alla rottura monella e ribelle del vetro di un collegio.
Impressionante, Pierfrancesco Favino, senza il quale è lo stesso regista ad affermarlo non sarebbe stato possibile girare il film: “è lui il motore di tutto e non solo per il trucco che lo ha reso così somigliante al segretario del Psi (l’attore si è sottoposto a 5 ore di trucco quotidiano, ndc) ma, soprattutto, per il gran lavoro che ha fatto sui gesti, sui piccoli movimenti, sulla voce”. Una somiglianza tanto simile al vero, da aver ingannato anche l’allora autista di Craxi: pare che una volta incontrato Favino post trucco, sia rimasto impietrito.
SCHEDA TECNICA
Nazione: Italia
Anno Produzione: 2019
Genere: Biografico, Drammatico
Durata: 126′
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Livia Rossi, Silvia Cohen, Luca Filippi, Alberto Paradossi, Giuseppe Cederna, Omero Antonutti, Claudia Gerini, Renato Carpentieri
Sceneggiatura: Gianni Amelio, Alberto Taraglio
Fotografia: Luan Amelio Ujkaj
Montaggio: Simona Paggi
Scenografia: Giancarlo Basili
Costumi: Maurizio Millenotti
Musiche: Nicola Piovani