Ci sono bands che incentrano la loro forza, principalmente, nell’aurea dei concerti, collezionando presenze importanti condividendo il palco con nomi di spicco. Il combo pugliese dei Giunto di Cardano è una di queste che, con centinaia di date all’attivo, sono “giunti” a vincere l’anno scorso il rock-contest Controradio. Ora, però, col secondo album “Caos” i cardini di base si stringono anche intorno ai contenuti delle incisioni. Infatti, le 13 tracce dell’opera trasudano d’introspezione personale e lo fanno con lodevole ricerca sonora. Dopo l’intro onirica di “Amnesia” si passa alla cupa severità di “Dandy”, che libera la grinta giusta, al confine tra indie e wave. La placida “Navigli” porta il sound in àmbiti fascinosamente sospensivi, mentre la successiva track è un “Drama” ben inquadrato con ambientazione centrata. Invece, “Non esisto” dondola di arpeggi retrò e fa della sua minimalità un fiore all’occhiello. Il loop inebriante di “Blue” amplia i versanti della band su ostentazione garbata electro-indie. “Il ritratto del dottor Gachet” alterna inserti cullanti a distorsioni graffianti. Il prossimo brano? Roba da “Paz!”: ossessiva e mantrica, con tanto di proclama in itinere. Lasciate ora scorrere “Non c’è niente come noi” ed avrete idea di quanto è esteso il ventaglio propositivo dei Giunto, abbracciando la semplicità psych invischiata in dettami shoegaze. Eh, si…non solo questione di stile ma anche “Questione di meccanica” non ripetitiva: ennesimo episodio che la formazione pugliese sa plasmare con innovazione e condimenti fantasiosi. E, nella gamma del loro estro, sigillano il disco con la suggestiva dreamy-ballad “Induzione”. E’ pur vero che dopo “Kadima” abbiam dovuto aspettare un migliaio di giorni per avere un seguito ma ora che, nelle nostre orecchie, ci ronza “Caos” , si capisce che l’attesa è stata onorata con un disco pregiatamente intimistico, in cui l’impronta riflessiva sulla “mancanza” di qualcosa , ci suggerisce che tentare di allontanare i mostri pulsanti dell’anima non fa altro che alimentarli di più. C’era effettivamente bisogno di un “Caos” cosi profondamente ordinato e sensato. Ora che lo sapete, fatelo vostro.
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autore: Max Casali