Il ritorno del trio newyorkese che tanto successo ebbe a cavallo tra i 90 e gli anni zero è un po’ una sorpresa, 8 anni dopo l’ultimo disco, e ci restituisce tuttavia una band in qualche modo ancora vitale, capace di brandire con orgoglio i propri punti di forza, in primo luogo l’eclettismo con cui hanno sempre maneggiato l’intera black music: dall’hip-hop al funk, dal rock all’ r’n’b al jazz, e poi l’attenzione ai temi delle periferie, la politica declinata spesso tra antagonismo ed umorismo tipo Beastie Boys, non disegnando talvolta anche qualche puntatina gangsta.
Another Mimosa è in ogni caso un disco di cover, ideale seguito dell’analogo Mimosa del 1999, e lo stile dei FLC qui è obiettivamente tra l’hard rock classico dal taglio aor ed un r’n’b stagionato, che parla direttamente ai fans storici, come un omaggio – chissà forse il titolo del disco allude proprio ad un cadeau floreale… – con alcuni episodi affilati e di buona densità come l’hip-hop ‘Warning‘ di Notorious Big, inquietante, oscuro e poetico, lo splendido hip-hop striato di jazz ‘You Know how we Do It‘ di Ice Cube ed il rifacimento delle proprie ‘Southside‘ e ‘Love Unlimited‘, con la seconda ricca in particolare di atmosfere latin jazz stile Santana, molto piacevoli.
‘Daylight‘ di Bobby Womack, ospite Rowetta, è un discofunk da manuale che ci ricorda un grandissimo artista, davvero trascinante, mentre il trittico iniziale composto da ‘Rumble‘, strumentale elettrico granitico e squadrato di Link Wray, l’imbalsamata marcetta ‘Hello Again‘ di Neil Diamond e l’epico preistorico heavy blues ‘Going Down‘ di Freddie King vogliono essere un biglietto da visita per rivendicare l’appartenenza all’old school rock blues.
‘Mary Jane’s last Dance‘ del compianto Tom Petty – mentre la moglie e le figlie pare si stiano accapigliando per i diritti d’autore: che tristezza… – è riproposta in una versione del tutto identica all’originale, e per il resto il disco scorre gradevole ma senza sorprese, che del resto sarebbe anche ingenuo attendersi proprio da un gruppo che non ha alcuna motivazione a cercare la modernità; a quanto pare in una recente intervista il leader dei FLC ha anche sputato sulla trap, tanto per chiarire la posizione old school del gruppo, e del resto un singolo furbo in quello stile sarebbe stato imbarazzante e non scusabile, oggi, da parte loro.
Copertina inspiegabile: dozzinale e oltretutto equivoca, che ricorda le compilation lounge un tanto al chilo, che non valorizza un disco ad ogni modo ben suonato, che ha il pregio di proporre cover black poco note, con sincerità, simpatia, onestà e senza cadute di stile.
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autore: Fausto Turi