I White Lies ritrovano il loro pubblico italiano, quello che avevano lasciato al Castello estense di Ferrara nell’estate del 2017, all’epoca del tour dell’album Friends. Ora, trascinati dalla pubblicazione del nuovo disco Five, e dal singolo Tokyo che spopola su Virgin Radio e su You Tube, trovano anche una cornice da fascia di pubblico medio-alta, ovvero l’Estragon di Bologna. Anzi, il Pala Estragon, struttura simmetrica collocata nello stesso spazio urbano ma più grande, perché appunto le vendite biglietti avevano spinto a traslocare il concerto in luogo più grande.
Col senno di poi, meglio stare più stretti e vicini, in un bell’edificio ben sonorizzato, che stare in un gigantesco capannone, quasi deposito industriale, in circa 500-1000 persone, per avere poi il rimbombo del suono che si spargeva negli ampi spazi vuoti.
L’energia del concerto non ne ha risentito, ma in qualche caso la pulizia dei suoni sì.
Naturalmente i tre di Ealing, Londra, Harry McVeigh alla voce e chitarra, Charles Cave al basso e Jack Lawrence-Brown alla batteria, accompagnati per l’occasione dal virtuale quarto membro dal vivo, Tommy Bowen alla tastiera, sono andati avanti a ritmi serrati fino alla fine, ben contenti anzi di trovarsi un pubblico comunque cospicuo e soprattutto vivo ed eccitato, scoprendo che finalmente anche in Italia i fan cominciano ad accorrere e ai concerti si conoscono a memoria i loro ritornelli.
Forti di tutto questo, mettono in piedi una scaletta fortemente ritmica, incentrata soprattutto sugli ultimi tre dischi: su Five, naturalmente, in quanto disco in promozione, ma anche su Friends, penultimo disco, (probabilmente perché il più bello), e su Big Tv, disco che i White Lies riscoprono in quest’occasione suonando ben quattro canzoni, Getting Even, Big Tv, There goes my Love Again e l’inedita Change, dal vivo.
Quanto a Five, praticamente c’è tutto, con la grave mancanza di Denial, ottima canzone qui trascurata: si comincia con Time to Give, a cui i tre di Ealing fanno seguire il singolo di successo del primo disco Farewell to the Fairground, e poi nel corso del concerto trovano spazio Never Alone, Kick Me, Jo?, Fires and Wings, suonata nel bis, il primo singolo Believe it e soprattutto Tokyo, che esplode nel gran finale prima del bis, seguita da Death, pezzo classico ormai del trio.
Nel bis, a conclusione di tutto il concerto, la band congeda il pubblico, piuttosto inaspettatamente, con Bigger than Us, e sarà questa l’unica canzone tributo a Ritual, il secondo disco.
Mentre dal loro disco di lancio i White Lies estrapolano i singoli per il concerto: Farewell to the Fairground, come detto e Death, come detto, e To Lose My Life e Unfinished Business. Peccato, perché da quel disco potevano trovare spazio altre belle canzoni.
Da Friends infine fanno capolino nella serata del Pala Estragon Take it out on me, Is My love Enough?, Hold Back your Love e I dont’ want to feel it All.
Complessivamente solo 20 pezzi, tutti suonati al fulmicotone e senza troppo intercalare, per un risultato di poco più di un’ora e mezza. Decisamente troppo poco per una band che ha all’attivo cinque album, e potrebbe quindi pescare un po’ di più dai suoi dischi, offrendo un concerto non necessariamente legato soltanto al greatest hits dei propri singoli. E invece si ha l’impressione che Harry e compagni abbiano quasi fretta: sono molto contenti e divertiti del pubblico che finalmente li conosce, li segue, li canta, ma sembra che eseguano il compitino e basta, e non vi sono veri momenti di feeling particolare col pubblico, o versioni diverse delle canzoni magari cantate insieme con i fan. Tutto scorre liscio, perfetto, in un gioco di sonoro e luci veramente potente, non c’è che dire, ma troppo preordinato, senza vere emozioni primitive e inaspettate.
Sarà forse l’atmosfera gelida della serata ventosa, sarà l’eccessivo vuoto degli spazi del tendone, pensato per band dal richiamo ben altro, ma questo concerto dei White Lies resta un appuntamento consumato troppo presto e senza piacevoli imprevisti musicali, con la sensazione che la band stia già andando nella direzione dei “concerti impacchettati” piazzando i propri singoli e le canzoni del nuovo disco e basta.
Non ci si aspetterà mai dai tre ragazzi che possano essere i Rolling Stones o la E-Street Band dal vivo, ma già a Ferrara il feeling musicale sembrava diverso. Si poteva giocare col pubblico, fare qualche altra chicca a parte Change (pezzo peraltro lento e non particolarmente emotivo), inventare una versione acustica di un classico. Si poteva preparare un concerto-festa per una band che entra nel novero delle grandi, come i White Lies ormai sono. Speriamo che il successo di Tokyo e delle ormai già presenti canzoni manifesto non allontani la band dalla voglia di sperimentare e giocare.
autore: Francesco Postiglione