Cinepost: una nuova rubrica per FO
Con la recensione di Capri- Revolution di Mario Martone, si inaugura una nuova rubrica per Freak Out Magazine: Cinepost.
Recensioni e resoconti dal mondo del cinema (ri)posati, lontani dalla logica dell’immanente, del “tutto e subito”, per lasciare spazio alla riflessione e all’approfondimento.
Racconti dal cinema e per il cinema che rifuggono dalla mera promozione commerciale per farsi elezione culturale. Sarà dato spazio a resoconti, incontri e interviste, purché lontane dal vortice delle premiére, delle sale e delle programmazioni cinematografiche.
Per un Cinema scelto, pensato, “d’essai”, liberato dal circuito dei cineamatori. Aperto a tutti. E sempre disponibile.
Del resto, la molteplicità di fruizione e accesso al racconto cinematografico, rendono la corsa contro il tempo un inutile esercizio senza stile. E per Cinepost lo stile è tutto.
CAPRI- REVOLUTION: LA RIVOLUZIONE È DONNA
In gara durante l’ultima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Venezia, dove il film ha conquistato numerosi riconoscimenti, e attualmente candidato al David di Donatello 2019 con tredici nomination, Capri- Revolution è un saggio filosofico per immagini, dove è il viso-maschera-corazza di Marianna Fontana a gridare con onesta, radicale e irrefrenata forza il manifesto di Martone: Libertà! Uguaglianza! E fraternità, certo, per tutti gli esseri del creato. Portando a compimento un percorso prima speculativo e poi artistico che impegna il regista fin dagli esordi di Michela Aprea
Capri, inizio Novecento. L’isola, suo malgrado, diventa epicentro del mondo. Cuore pulsante della Rivoluzione che avanza. Ventre gravido delle Utopie del futuro, culla di un’Umanità nova, crocevia di vite, intelligenze, libertà.
La Rivoluzione studiava il nemico all’ombra dei Faraglioni. Da quella prospettiva era più facile osservare i primi passi del capitalismo moderno: i Krupp, il business dell’acciaio, l’avanzata dell’industria, la produzione e i consumi di massa, il capitalismo, la speculazione finanziaria.
Sull’isola si muovevano, imperturbabili, il poeta e drammaturgo Maksim Gor’kij, il filosofo Alexander Bogdanov e il padre della rivoluzione Vladimir Il’ic Ul’janov. Dei momenti capresi di Lenin si sa tuttora poco: la storiografia ufficiale volle cancellarli quasi del tutto, ritenendoli poco consoni all’iconografia della rivoluzione.
Sull’isola, i tre esuli russi lavorarono, studiarono e definirono strategie e alleanze. Un documentario, prodotto da B&B Film in associazione con le televisioni pubbliche di Finlandia YLE, Svezia SVT, Svizzera RS e, Germania MDR ne racconta le vicende. Si tratta de «L’altra rivoluzione. Gorkij e Lenin a Capri» di Raffaele Brunetti e Piergiorgio Curzi. Un’opera “gigante” come la storia che ripercorre attraverso le tracce recuperate negli archivi di mezzo mondo.
Ma a Capri, isola felice, terra dolce ed accogliente, ci fu (c’è) spazio per tutti: per la Tradizione, rupestre e contadina e (ovviamente) marinaia; per il Futuro e la sua Rivoluzione e anche – e soprattutto – per il Sogno e le Utopie.
È quanto ci riporta Mario Martone, in «Capri- Revolution», capitolo ultimo della trilogia ideale cominciata dal cineasta partenopeo nel 2010 con «Noi credevamo».
Capitolo ultimo (?) di una riflessione che il regista aveva avviato con il suo esordio «Morte di un matematico napoletano», consolidato in «La salita» e rielaborato, ridiscusso, sviscerato nelle opere più recenti.
«Cadute le ideologie – chiedeva il corvo al sindaco in salita Antonio (Bassolino) nel discusso episodio del film collettivo «I vesuviani», firmato da Martone nel 1997- cos’è rimasto se non affanni, angosce, compromessi?». «Neanche me lo chiedo più – si rispondeva il pennuto – dove va l’umanità».
E quasi a volersi concedere ancora un’opportunità di risposta a quell’antica domanda il regista, sostenuto dalla moglie Ippolita di Majo, alla seconda sceneggiatura in coppia col marito, cede alla protagonista di Capri- Revolution l’ardire di definire una strada, un percorso, una soluzione.
Un via tracciata e forgiata nel volto perfettamente simmetrico, quasi un antico elmo corinzio, di Marianna Fontana, nei panni della pastorella (capraia) Lucia.
Superati gli ardori, maschi,dei giovani valorosi e favolosi, resta a una ragazza, novella Giovanna d’Arco, vestire i panni dell’ideale supremo. Incarnare, pure nelle vesti, sconvolte, il volto di una libertà comunque oppressa dalla notte dei tempi, che si affermerà e già è alla conquista di nuovi mondi.
In gara durante l’ultima edizione del Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove il film ha conquistato numerosi riconoscimenti (“Premio Francesco Pasetti” al miglior film, “Premio Carlo Lizzani”, “Premio Arca Cinema Giovani”, “Premio Siae”, “Premio Sfera 1932”, premio “Soundtrack stars award” per la miglior colonna sonora affidata a Sascha Ring e Philipp Thimm), e attualmente candidato al David di Donatello 2019 con tredici nomination, Capri- Revolution è un saggio filosofico per immagini, dove è il viso-maschera-corazza di Marianna Fontana a gridare con onesta, radicale e irrefrenata forza il manifesto del regista partenopeo: Libertà! Uguaglianza! E fraternità, certo, per tutti gli esseri del creato. Portando a compimento un percorso prima filosofico e poi artistico che impegna il regista fin dagli esordi.
E al passo con i tempi che corrono, Mario Martone ancora una volta non teme di fare apertamente endorsement e di prendere posizione, affidando alla giovane Lucia e al suo occhio/sguardo custode-protettore-curioso- indagatore- interrogativo- seducente- avvincente- traghettatore, il compito di delineare la prospettiva e la rotta verso il Mondo Nuovo.
«Con Ippolita già da tempo lavoravamo ad una figura di donna che incarnasse desiderio di libertà e sguardo sul futuro» ha affermato il regista durante un’intervista alla giornalista Conchita Sannino per “la Repubblica“.
Martone fa di più, rende la sua Lucia una matrona del Tempo in grado di condensare nelle sue fattezze di pastorella caprese “l’Esprit du temps“. Non soltanto lo spirito di un tempo ma quello dei tempi: il Passato che la forgia e la sorregge di un rapporto simbiotico con la Natura. Elemento che tenta di costringerla in leggi ancestrali e che però prima il Caso, e cioè l’incontro con il Diverso e poi la Morte del padre, finiranno per scardinare conducendola in un percorso di (ri)conoscenza di sè e del mondo che è anche (e soprattutto) esplicitato nell’evoluzione nel modo di comunicare della protagonista: dal richiamo alle capre, al napoletano familiare, alla lettura e il ricorso alla lingua italiana, fino all’inglese, imparato e praticato nel luogo in cui Lucia sceglie di ridefinirsi.
Il Presente, vissuto eppure sfuggito di una Capri al centro dei grandi sconvolgimenti del mondo: l’evoluzione tecnologica, la migrazione verso la grande fabbrica, l’avanzata del movimento operaio e della scienza, la sperimentazione e l’evoluzione in campo artistico, culturale, nei costumi, nei rapporti umani e collettivi e la coesistenza di mondi distanti eppure ancora coevi rappresentati dal rapporto con i fratelli Vincenzo e Antonio (Eduardo Scarpetta e Gianluca Di Gennaro), dall’incontro con il giovane medico condotto Carlo (interpretatao da Antonio Folletto) e con l’artista Seybu, naturista e teosofo, mente e corpo di una comune proto-hippy, interpretato dall’attore olandese Reinout Scholten van Aschat e ispirato all’artista tedesco Karl Diefenbach, che proprio a Capri insediò all’inizio del Novecento la sua comune di artisti- naturisti, sperimentatori, performer.
Il Futuro, non dell’Utopia, né del Progresso che verrà o del Sogno, ma della trasformazione e del viaggio, dell’approdo verso un mondo nuovo che vedrà protagonista una Lucia completamente trasformata. Una rivoluzione figlia delle metamorfosi precedenti, delle reazioni, dei moti che hanno condotto passo dopo passo quella piccola pastorella ad incuriosirsi dei corpi nudi e liberi di Seybu e dei suoi sodali; a spogliarsi prima delle proprie vesti, poi dei costumi imposti (inflitti); a difendersi dalle forme di addomesticamento arcaiche e moderne, per ritrovare il contatto con il Creato, riconquistare e affermare la propria natura e dunque la consapevolezza, la volontà e infine la libertà.
Un viaggio che è un omaggio al processo di emancipazione di una donna che il regista elegge a simbolo dell’intera umanità (altro che #Metoo e movimentismi dell’ultim’ora ), facendo di Capri- Revolution non soltanto un’opera manifesto, ma un detonatore di coscienza, degna filiazione della tradizione illuminista di cui Martone è nobile discendente. Un’origine a cui il cineasta non può rinunciare e con cui si rapporta in maniera dialettica, come nel rapporto viscerale, che egli nutre con l’Arte e in particolare quella contemporanea.
Del resto, il film avrebbe dovuto chiamarsi Capri- Batteria in omaggio a Joseph Beuys e alla sua opera di cui Seybu- Diefanbach è una sorta di reinterpretazione (condensata tanto nella scelta del nome, anagrammatico, quanto in una scena del film, dove l’artista mostra un’installazione alimentata dall’elettricità prodotta da due limoni).
Un omaggio all’opera del celebre artista e all’Arte e alla Natura condensato nella fotografia, sublime, di Michele D’Attanasio eMario Spada, supremo officiante della mirabile Arcadia svelata da Martone.
Nel cast, nei panni della madre, silente dinamo del processo di emancipazione filiale, l’attrice Donatella Finocchiaro.
CAPRI-REVOLUTION
DATA USCITA: 20 dicembre 2018
GENERE: Drammatico
ANNO: 2018
REGIA: Mario Martone
SCENEGGIATURA: Mario Martone, Ippolita Di Majo
FOTOGRAFIA: Michele D’Attanasio
MONTAGGIO: Natalie Cristiani, Jacopo Quadri
PRODUZIONE: Indigo Film, Pathé, Rai Cinema
ATTORI: Marianna Fontana, Reinout Scholten van Aschat, Antonio Folletto, Gianluca Di Gennaro, Jenna Thiam, Ludovico Girardello, Eduardo Scarpetta, Lola Klamroth, Maximilian Dirr, Donatella Finocchiaro
PAESE: Italia
DURATA: 122 Min
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution