Cosa si può dire di Marianne Faitfhull che non sia stato già detto e scritto? Nella sua lunga carriera di cantautrice solista e di attrice, Marianne, ormai settantaduenne, ha vissuto tutto, compreso l’aver attraversato la vita e la carriera dei Rolling Stones, cosa che avrebbe distrutto qualsiasi essere umano dotato di medie capacità. Ma la capacità di Marianne non è media, ed è dichiarata in questo album, quasi un testamento della carriera, ed è appunto la Negative Capability, da una frase di John Keats: “Quando l’uomo è capace di stare nelle incertezze, nei misteri, nei dubbi senza essere impaziente di pervenire a fatti e a ragioni”. E chi, meglio di una donna che ha attraversato il rock anni ’70, una relazione travagliata con Mick Jagger, infinite collaborazioni musicali con tutti i più grandi degli ultimi cinquant’anni, può insegnare la capacità negativa di cui parla il poeta inglese?
Qui, in questo album, ce ne dà un’ulteriore prova, con testi sinceri fino alla confessione, dove affronta la sua malattia, l’artrite, che è sinonimo di vecchiaia, e la perdita di amici cari, come Anita Pallenberg, Martin Stone e Martin Sharp, designer dell’album dei Cream.
Registrato allo Studio La Frette a Parigi, il ventunesimo album di quest’artista che ormai fa musica sapendo di non dover dimostrare niente a nessuno è stato prodotto da Rob Ellis, il produttore di PJ Harvey, che collabora con Marianne da ormai cinque anni, e Warren Ellis, dai Bad Seeds di Nick Cave.
Lo stesso Nick Cave e Warren Ellis compaiono fra i collaboratori e strumentisti, insieme con Rob Ellis, Ed Harcourt e Mark Lanegan. E infatti la trama musicale è di altissimo livello, basti sentire la splendida e corale Witches’ song, o il singolo The Gypsy Faerie Queen, ispirato da “Sogno Di Una Notte di Mezza Estate” di William Shakespeare, dove Nick Cave suona il pianoforte ed è coautore. “È stato un piccolo miracolo”, ha detto Marianne. “Avevo chiesto a Nick di dare un suo contributo musicale al brano, ma mi aveva detto che era troppo occupato. Gli ho detto che lo capivo e che mi spiaceva averlo disturbato. Dopo poco, mi ha scritto ‘Grazie per aver capito. Ecco la tua canzone’. È stato davvero stupendo”.
La voce inconfondibile di Marianne è invece quella che qui fa sentire di più il passo coi tempi. Ma piuttosto che sforzarsi di fare quella che più non è, Marianne in questo disco sorprendentemente tira fuori tutta la durezza di una voce indurita dall’età, dagli acciacchi, dai lutti e dall’artrite, e ne viene fuori una Tom Waits al femminile, perfetta cantastorie per un disco pieno di onestà, durezza, autobiografia ma anche dolcezza e riflessione.
No Moon in Paris, con cui il disco si chiude, è per esempio una stupenda professione di solitudine: lei, che tutto ha visto e tutto ha conosciuto, si è ritirata da anni ormai a Parigi e vive nell’anonimato, e No Moon in Paris è il racconto orgoglioso di questa scelta.
Misunderstanding, introdotta da uno struggente violino, è invece una canzone-bilancio di tutta una vita, in cui l’autrice non manca di dichiarare all’aperto i propri errori. E’ in questi racconti in cui la sua voce si fa strozzata e roca che Marianne dà il meglio di sé nella sua nuova versione di cantastorie, e ricorda da vicino non solo Tom Waits, ma anche Johnny Cash e Leonard Cohen, e a questi classici davvero si accosta con questo disco così intimista e minimale, dove compaiono quasi sempre solo violini e chitarre acustiche e pianoforti.
Che Marianne abbia tentato la scelta classica da cantastorie lo dice anche la cover di Bob Dylan It’s All Over Baby Blue, un omaggio che meglio non poteva inserirsi in questo disco fatto di racconti e confessioni delicate, come la splendida In My Particular Way, senza dubbio il pezzo più emozionante e complesso musicalmente, vera dichiarazione-manifesto delle scelte di tutta una vita (“mandami qualcuno da amare, qualcuno che possa amarmi in ricambio, so di non essere giovane e sono danneggiata, ma sono ancora carina e divertente, nel mio specifico modo sono ancora pronta ad amare”), assieme a Born to Live, che invece è minimalista, tutta strutturata su un arpeggio ripetuto al piano.
Insomma, certo non si troverà in questo disco la migliore Marianne Faithfull, e né questo poteva essere possibile (esattamente come per l’attuale Dylan, o Nick Cave, o Waits) , ma si trova un’artista matura e sincera, che non rinnega la sua età e i suoi limiti, ma anzi li offre all’ascoltatore come un dono, l’ultimo forse, che questa splendida signora della musica contemporanea ha ancora da offrire.
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autore: Francesco Postiglione