Dietro il nickname di Ferro Solo si cela una delle figure più carismatiche del rock italiano: il cantante e chitarrista Ferruccio Quercetti, co-fondatore con Carlo Masu della più rocambolesca garage-blues-rock’n’band italiana ovvero i CUT.
Alcune vicissitudini personali hanno indotto il nostro a tornare a scrivere canzoni con la chitarra acustica e da lì è iniziato un processo che ha portato alla composizione di questi dodici brani ben calibrati che tracciano nuove strane nel sound che solitamente propone con la sua band emancipandosi dalla formula garage-r’n’r. In altre parole si tratta dell’altra faccia della medaglia, complementare a quella più aggressiva che emerge con i CUT. Nel disco troviamo moltissime collaboazioni e così che si fa accompagnare da un nutrito gruppo di amici e colleghi: Giuda, Sergio Carlini (Three Second Kiss), Riccardo Frabetti (Chow), Andrea Rovacchi, Luca Giovanardi e Ulisse Tramalloni dei Julie’s Haircut, toccando vari ambiti del rock provando a difendersi dal mondo, dagli altri e soprattutto da sé stesso (come recita la sa bio).
Il disco parte con l’unico brano vicino alla produzione dei CUT, “It’s a girl”; un brano quadrato ed esplosivo al tempo stesso. A seguire la traccia “Got me a job” che non è altro post-punk prima maniera in salsa elctro-wave con richiami all’industrial wave a là Trent Reznor. Con “Hamlette”, Quercetti, ci illude con un accenno iniziale di ballata per poi scivolare in un pop’n’roll molto catchy che fa il paio con “Perfect strange” il quale ruota tutto attorno ad un piano malinconico con una melodia molto anni ’80, avvolgente ed evocativa. “You don’t have to tell your story”, invece, è una vera e propria ballata cantautorale in crescendo. Se “This daddy’s girl” è un pop-rock circolare, “Doppelganger” ha un incedere molto rock anni ’50 ma mascherato da punk melodico dei ‘70. Si passa a “He spies” restando negli anni ’70, ma quelli del glam-hard. Poi nascono i “momenti essenziali” con la scarnificata “Indifference”, la malinconica – solo voce e piano – “Gala”. La conclusione del disco è dedicata prima al classic rock stradaiolo di “Better than me” e poi alla corta, ma essenziale e fondamentale ballata acustica “Almost mine”.
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autore: Vittorio Lannutti