Disco dalle vene del collo tese e gonfie come corde di violoncello, uno screamo continuo che mette soggezione scuotendo qualsivoglia istinto alla piatta calma.
Da Cosenza l’urlo espressionista dei La Fine in Scontento, sette morsi sonici che sovrastano l’anima dell’ascoltatore avvolgendolo nelle urgenze dinamiche dei controbilanci della società, una tendenza a smuovere le coscienze con ripetuti assalti elettrici, pulsazioni hardcore e svenature punk come estensione d’incazzature consistenti, una materia che i nostri conoscono – a quanto sembra – benissimo, tanto da assediare lo stereo con una velocità abominevole, degna di competere con realtà underground musicali d’oltre cortina se non addirittura dal di la dell’Oceano.
La formazione dei La Fine riesuma anche piccole e stupende pustole antagoniste di stampo Italo-novantiano come i Fluxus, i Marlene più introversi, senza disdegnare pizzicori (ri)modernizzati alla Gang Band, Stalag 17, Contropotere, Raw Power, Negazione e via dicendo, un disco a conti fatti che può rappresentare la scossa giusta per incorporare finalmente una piccola rinascita dell’hardcore tricolore sempre vilipeso se non condannato ai bordi dello sfogo a tutti i costi.
Gli innamorati delle intense e ruvide emozioni avranno qui panacea assoluta, una personalissima luce a squarciare le tenebre ed una metafora di bellezza convulsa che in sette trasgressioni fa considerazione e lusso dilaniante, un viaggio attraverso una poetica devastante che nella Godaniana La nostra vita tra 1000 morti, tra la destrutturazione atmosferica di Ilaria e le dissonanze noisy della feroce Perché la gente nasce gioca i suoi straordinari arcani maggiori, una rilevante intensità che sa di maestria avanguardistica.
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autore: Max Sannella