Secondo disco dopo il fortunato Cavalli (2011) per il giovane quartetto perugino formato da Aimone Romizi, Alessandro Guercini, Alessio Mingoli e Jacopo Gigliotti, questo Hýbris ha per titolo una parola dal greco antico che fa riferimento ad un evento accaduto nel passato che fatalmente influenza in modo negativo il presente: concetto narrativo fondamentale nella tragedia greca, intrisa di lezione morale, dialettica e sfida agli dei.
Gli undici brani qui contenuti sono altrettante urlate cavalcate elettriche dalla lucida ispirazione e dall’urgenza espressiva molto forti, con testi in italiano abbastanza sfuggenti, punk, e dagli slogan intrisi di passione e di una forma ribelle di romanticismo – “…non voglio un sentiero, io voglio un burrone/ dal quale lanciarmi per poi scomparire”, sul finale di ‘Combattere per l’Incertezza’, usa un linguaggio quasi opposto rispetto a quelli cinici, anch’essi però assolutamente punk, del Management… o dello Stato Sociale… – ed una struttura musicale punk rock ed indie rock tutta chitarristica tra Zen Circus e Ragazzi Morti con una vasta serie di innesti postrock e noise inseriti con giustezza ed apertura mentale, e fraseggi di spessore complici le ospitate: al violino Nicola Manzan (Bologna Violenta) ed alle percussioni Davide Zolli (Mojomatics), Simon Chiappelli e Nicola Cellai agli ottoni.
Il disco si apre con un trittico di grande effetto: a ‘Combattere per l’Incertezza‘, che segue un canone da Tre Allegri Ragazzi Morti ma estremizzandone nei testi e nei ritmi il nichilismo giovanile, s’aggiunge ‘Un Pasto al Giorno‘, magniloquente hc con fasi molto articolate – introduzione melodica e periodiche ondate d’assalto intervallate da incisi post rock di chitarra elettrica – e ‘Fammi Domande‘: entusiasmo e rabbia allo stato puro, vetta del disco, con ritmiche r’n’r fulminanti e snelle.
Chi ha vent’anni, non uno di più, potrà meglio recepire Hýbris nel suo senso più profondo: una sfida alla vita, lanciata all’arrembaggio con spirito indomabile ed eroico, con rabbia anche, quella rabbia giovanile irretita in ogni modo, anestetizzata da una logica che ammazza prima i sogni dei giovani, poi per sicurezza ne annienta l’autostima nella rete di calcoli di convenienza che non stanno in piedi e instillando paure ed ansie che li fanno assomigliare a chi ne ha subite già abbastanza nella vita per provarci ancora; i Fast Animals and Slow Kids provano a suonare la carica con brani che sarebbe superficiale valutare non tenendo conto di questa prospettiva, ma che comunque funzionano bene anche come intrattenimento a presa rapida.
‘Farsi‘ è puro angst giovanile acidissimo con citazioni di Massimo Volume ed Offlaga, mentre ‘Maria Antonietta‘ porta maggiore melodia ad alto volume, cosa che in ogni caso i Fast Animals and Slow Kids sanno fare bene. Impercettibili e nobili riferimenti a Fine before you Came in ‘Dove Sei‘ non fanno che dare valore ed eterogeneità mentre ‘A cosa ci Serve‘, associato ad un videoclip carico di suspence che difficilmente vedremo su Dj Television o Mtv in orario da fascia protetta vista la drammaticità della situazione narrata, con finale giustamente irrisolto, è il brano reduce dalla vittoria del trofeo Rockit 2013, in cui a votare sono i fans, in cui ha sbaragliato i singoli di gente tipo Baustelle, Ministri e Massimo Volume.
Reduci pochi giorni fa dal ritrovamento della strumentazione sottrattagli da balordi durante il tour, nello stesso mese in cui analoga sventura è incredibilmente toccata anche ai Minnie’s ed agli A Toys Orchestra, i FAaSK sono in una fase importantissima che li fotografa tra i nomi nuovi della musica indipendente italiana.
Ed Hýbris è presentato in download libero QUI’ edito tra l’altro con licenza non commerciale creative commons.
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autore: Fausto Turi