Il combo canadese non smette di stupirci e di colpire al cuore e al cervello. Ogni disco che incide fa gridare al miracolo. I GSY!BE sono tra i pochissimi gruppi, penso agli Swans, ai Neurosis e a pochi altri, che con le loro lunghe suite riescono ad emozionare e a intrigare l’ascoltatore, inducendolo ad analizzare i suoni, per cercare di capire la complessità e l’organicità degli strumenti utilizzati che si intrecciano o che si alternano nei brani.
Con “Asunder, sweet and other distress” i canadesi sono tornati al formato singolo vinile, dopo tre album doppi, nel quale sono presenti quattro brani che in parte rielaborano la versione live di “Behemoth”.
Il disco parte con la lenta e progressiva carica di “Peasantry or light inside of light’”, che ha una prima parte pomposa, tronfia, quasi prog, ma che nel trascorrere del tempo emerge una melodia circolare ed epica, trascinante, grazie ad un suono pieno nel quale le chitarre si intrecciano ai violini e all’elettronica. “Lambs’ breath” è strutturata su un’elettronica inizialmente ostica perché spezzetta ciò che esce dagli altri strumenti ed il noise-drone diventa lentamente una psichedelia che fa viaggiare nello spazio, ma senza andare fuori di testa. A seguire “Asunder, sweet”, brano legato a quello precedente con un unico flusso noise-psicho-electro, continua rarefatta e lenta, ma che con il tempo acquisisce la capacità di ‘complessificarsi’, sgorgando nel conclusivo “Piss crowns are trebled”, il brano più completo e sicuramente più epico del disco, non soltanto perché è il più lungo, quasi quattordici minuti, ma proprio per la sua struttura inizialmente ostica ed epica al tempo stesso, che poi si semplifica, nonostante le miscelazioni post rock, prog e riferimenti alla musica classica. Una conclusione dialettica ed epica, che rispecchia la grandezza dei nostri.
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autore: Vittorio Lannutti