Ne hanno parlato tutti, in Italia, in Europa e forse anche nel mondo, perché l’impresa è stata palesemente da Guinnes.
E allora ne parliamo anche noi, anche perché, a differenza di molti che ne hanno parlato, Freak Out c’era!
E possiamo assicurare che l’emozione di sentire per la prima volta nella propria vita (e forse nella vita di qualunque altro essere umano che abbia mai cavalcato il suolo di questo pianeta) 250 batterie introdurre tutte insieme all’unisono l’attacco di Bitter Sweet Symphony non si dimentica facilmente.
E’ andata proprio così: quel momento è stato senza dubbio il più emozionante di tutti. Ma l’emozione era arrivata già prima, all’ingresso dello stadio Manuzzi di Cesena, città simbolo e ormai città mito per aver messo in piedi già due volte quest’impresa da record. Appena varcate le scale ti ritrovi davanti una spianata di 250 batterie, decine di tastiere, almeno 200 chitarre con amplificatori pronte a essere suonate. Il colpo è di quelli degni di nota.
Poi c’è l’ingresso dei musicisti: quel bel momento di ogni concerto in cui la tua band preferita entra e saluta il pubblico, e tu urli e strepiti, di norma dura cinque minuti al massimo. Qui è durata mezz’ora, mezz’ora contata da un timer che è partito appositamente per permettere a tutti gli strumentisti di non perdersi in chiacchiere ed essere pronti al via. Mezz’ora scandita da un counter sul maxischermo, durante la quale un flusso ininterrotto di musicisti entrava e veniva acclamato. E sapete cosa? Erano loro i più emozionati: in visibilio totale, saltavano e correvano e salutavano il pubblico, consapevoli di essere protagonisti o anche solo comparse di qualcosa di incredibile.
Ogni singola testa di quelle mille persone si è presa entrando la sua personale soddisfazione: chi brandiva lo strumento, chi salutava, chi strepitava, chi per l’occasione si era fatto capigliatura degna di ripresa da maxischermo. Intanto le camere indugiavano sui mille, svelando bambini e bambine, volti noti (Poggipollini, Raul Casadei, Saturnino e molti altri) e meno noti, mostrando soprattutto la tensione e l’emozione di musicisti alle prime armi diventati per una notte rockstar di primo livello.
Poi arriva il geniale organizzatore di tutto questo pandemonio, Fabio Zaffagnini, e scrosciano gli applausi. Poi arriva il maestro, Marco Sabiu, che già aveva diretto Lear to Fly suonata dai mille l’anno scorso all’ippodromo di Cesena per convincere i Foo Fighters a suonare nella terra romagnola.
Poi tutto parte, e subito capisci che i mille sono pure più di mille, perché alla prima canzone entrano i violini: è Bitter Sweet Symphony, e come già detto l’attacco è impressionante, la potenza sonora da onda d’urto, la consapevolezza di stare vedendo e ascoltando qualcosa che non si è mai visto nonostante tre millenni di storia musicale si diffonde rapidamente fra gli spettatori attoniti.
Ed è quando iniziano i cantanti e le cantanti (rigidamente divisi in due tronconi) a cantare, che il pubblico va in delirio: le loro voci si aggiungono alle già tante voci con microfono, e c’è da giurare che ogni spettatore vorrebbe essere lì, sul palco più grande del mondo allestito mai per un concerto rock, per cantare insieme agli altri, perché si capisce subito che è una festa, che tutti cantano abbracciati, che molti sbaglieranno ma tanto non si sentirà nulla di sbagliato.
Si procede con Come Together, e Gold on the Ceiling, poi è la volta di omaggiare gli Steppenwolf con Born to be wild e dopo, per par condicio con i Fab Four, gli Stones con Jumpin Jack Flash.
Il concerto è già un’emozione in sé, ma è anche un’occasione per ricostruire la storia del rock, in maniera assolutamente non cronologica e senza che ci sia una ratio nella scaletta, come il rock vuole che sia. Perciò tocca agli ACDC, con It’s a Long Way to the Top e per l’occasione arriva anche una banda di cornamuse, visto che si era in pochi a suonare. Segue C’mon Everybody di Edie Cockran, e poi inizia la parte micidiale di un concerto già unico: Nirvana, David Bowie, Clash, Ramones, White Stripes, e poi Patti Smith con il suo inno più famoso: People have the Power. Ed è vero: la gente ha del potere, e tutti gli spettatori mentre cantano questa frase lo vedono avverarsi sotto i loro occhi!
Manca solo Neil Young con Rockin in the Free World, e si conclude poi in maniera dirompente con Song 2 dei Blur.
Tanti nomi e tante canzoni mancano all’appello, ma nessuno ci fa caso.
Nemmeno quando, nell’immancabile bis, si risuona Rebel Rebel, e dopo si omaggiano con un medley volante Led Zeppelin e Jimi Hendrix. La vera sorpresa è la conclusione con Lear to Fly dei Foo Fighters, la canzone che un anno fa, è il caso di dirlo, ha avviato le danze.
Il concerto finisce che tra spettatori e musicisti non vedi differenza alcuna se non perché i primi, 13 mila, sono sugli spalti dello stadio. Perché i musicisti sono più ubriachi, più divertiti, più emozionati e fuori di testa del pubblico, e alla fine del concerto fanno il giro dello stadio fino a che la sicurezza non deve allontanarli, tanto è il loro bisogno di catturarsi un momento di gloria andando a festeggiare sotto gli spalti, come un calciatore che ha appena segnato un gol, inneggiando al pubblico.
Non una ma ben 15 canzoni, più il bis.
L’assurdo è di nuovo realizzato, un’altra sfida vinta da quel folle di Zaffagnini e da tutta la città di Cesena, che per una sera sembra dettare legge al mondo intero. E ora? Cosa ci aspetterà la prossima volta? Nessuno ci pensa, nessuno ne parla. Ma ora sappiamo che almeno in musica i sogni non hanno limiti.
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autore: Francesco Postiglione
foto ufficiali da facebook.com/rockin1000
SCALETTA
Bitter sweet symphony
Come together
Gold on the ceiling
Born to be wild
Jumpin jack flash
It’s a long way to the top
C’mon Everybody
Seven Nation army
Blietzkrieg pop
Smells like teen spirit
Rebel rebel
Police in my back
People have the power
Rockin in the free world
Song 2
Bis: rebel rebel
Medley: Foxy lady, cashmere, immigrant song, whole lotta love
Learn to fly.