“La più nobile specie di bellezza è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti , ma che si insinua lentamente, che quasi inavertitamente si porta via con sé [..] ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa completamente di noi e ci riempie gli occhi di lacrime ed il cuore di nostalgia”. Nietzsche lo scriveva in “Umano, troppo umano“.
I Sigur Ròs lo contraddicono con un concerto di quasi due ore, non perché la loro bellezza sia stata impetuosa, anzi, essa ha rispecchiato in tutto la più nobile delle bellezze, ma perché la band islandese, l’altra sera, era seriamente poco umana. Jònsi un alieno con una voce acuta quanto penetrante, angelica nella sua violenza, il gruppo (tanti i componenti sul palco, la band classica e il quartetto fiati – archi) compatto e coordinato in ogni piccolissima mossa, nella delicatezza di Saeglòpur e nell’intensità sovrumana di Brennistein.
Al Rock in Roma, penultimo concerto della splendida rassegna musicale, evolutasi negli anni in una perfetta creatura rock, gli islandesi hanno bruciato la terra dell’ippodromo, hanno massacrato qualsiasi scetticismo. Il concerto è stato impeccabile. Una vera e propria esplosione di due ore: la sublimazione della musica.
Molto Kveikur, l’ultimissimo disco dei Sigur Ròs, ma inaspettatamente molto Takk; Glosòli, Hoppipolla, Með Blóðnasir e Saeglòpur da quest’ultimo. “Festival” chiude il concerto prima dell’encore, poi direttamente dal 1999 e dal 2002 le splendide Svefn-g-englar e Popplagið. Pochi saluti, poche parole, come se ce ne fosse bisogno, poi. La musica, un suono indisturbato di parole che nessuno comprendeva testualmente ma che tutti inglobavano in sé, in un’anima nella quale durante il concerto cominci a credere. Lacrime, moltissime. Sul volto di tanti, anche di quelli che mai avresti immaginato. I Sigur Ròs sono una magia, c’è poco da dire; strepitoso anche l’effetto visivo, le luci martellanti, i video alle spalle del palco, il bacio, finale, proprio sull’ultima canzone e le riprese di Jònsi e gli altri componenti della band, come un dvd generato in contemporanea al live.
Umano, troppo poco umano. Parlare di tecnica con i Sigur Ròs è uno spreco di parole, quel che conta è il sentirsi perduto e molto, molto piccolo dinanzi al sublime della loro musica. Aldilà di ogni soggettività, i Sigur Ròs sono imperdibili e più di tutto, indimenticabili.
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autore: Alessandro Caiazzo