La dicitura ‘Solo Performance’ attribuita al minitour italiano di due date in luglio di Nick Cave ha dato adito in effetti a qualche equivoco : in realtà Cave si è presentato (con estrema esultanza da parte di chi scrive) a Modena, nell’affollato padiglione del Music Village con una formazione ridotta dei Bad Seeds comprendente i fedeli gregari Martyn P.Casey al basso, Warren Ellis al violino e strings varie, Jim Sclavenous (drums/ percussion ).
La formula adottata dall’artista australiano in questa occasione ha avuto il grande pregio di porre in risalto maggiormente quegli incredibili chiaroscuri e magistrali sbalzi di umore che costituiscono ormai da tempo la collaudatissima materia palpitante della sua arte.
Il Cave del 2005 visto a Modena è performer ormai maturo, poliedrico e carismatico al di là di qualsiasi scala di valori, sia quando seduto al pianoforte si è concentrato nelle soffuse nebbie mistiche di timeless ballads ripescate oculatamente dai suoi lavori degli ultimi venti anni con i Bad Seeds… People ain’t no good, Nobody’s baby now, Lucy, Loom of the land, Into My arms, The Ship song, God in in the house, classiche ormai come può esserla una piéce pianistica di Chopin…
sia quando confortato magistralmente da Warren Ellis, invasato violinista posseduto da ‘romantica’ passionalità e gestualità spiritata, ha strapazzato la tastiera percuotendola ossessivamente ed abbandonandola a scatti ripetuti per inscenare tumultuose versioni teatrali delle storiche apocalittiche Tupelo e The Mercy Seat ; torturando in lungo e largo le assi estreme del palcoscenico in preda ai suoi fatidici sconvolti deliri espressivi, sfiorando o stringendo le mille mani protese verso di lui.
Al di là di questa ortodossa dicotomia la spiazzante positiva impressione in alcuni episodi è stata di un metodico ribaltamento del mood primigenio, esperimento probabilmente ispiratore della formula a quattro : brani originariamente abrasivi come Red Right Hand , Stagger Lee ed addirittura in alcune fasi The Mercy Seat trasfigurati in sontuosi inediti arrangiamenti pianistici, sono risultati ( orfani della grattuggiante e gracchiante chitarra di Blixa Bargeld ) mirabilmente interiorizzati ; al contrario il combo di Cave dal vivo ha tirato fuori da brani come The Weeping Song, Henry Lee, Hiding All Away ( dall’ultimo Abattoir Blues ) un’energia che in studio appariva potenziale .
A Modena Nick ci è apparso comunque uomo ed artista estremamente comunicativo, positivo, ed a suo modo pacificato con se stesso !
Capace già dopo i primi tre-quattro brani di schiodare dalle sedie tre quarti dell’audience invitandola/obbligandola ( come resistere ad un invito tanto seducente?) a raggiungerlo sotto il palco per un contatto fisico molto più diretto. E ad alternarsi sono sorrisi , estemporanee ed esilaranti battute individuali con la band ( a causa di piccoli fraintendimenti sul repertorio ) ed il pubblico , soprattutto con… Antonio, cui finalmente dedicherà una chilometrica liberatoria Tupelo ossessivamente richiesta dall’inizio dello show.
Verso la fine dello show non si dimentica certo di moglie e figli sottolineando non senza un pizzico di ironia il suo status di marito e padre : a lei dedica Babe, you turn me on (un po’ melensa ?) , uno dei brani forse meno riusciti di The Lyre of Orpheus… ma si fa perdonare subito dopo con una feroce Jack The Ripper.
Richiamato a gran voce concede due lunghi bis ad un pubblico che copre trasversalmente una fascia dai diciassette-diciotto anni ai cinquanta e passa…
Cos’altro dire : che è meraviglioso… ( mentre Nick Cave ne sta eseguendo una stupenda versione) , alla veneranda età di chi scrive anni incrociare per caso (?) lo sguardo di una diciottenne e sorridersi scoprendo che state cantando conoscendo entrambi a memoria i versi di Nobody’s Baby Now ……
Autore: Pasquale Boffoli _ Foto di Francesco Tunzi
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