Checchè se ne dica bene e meglio – e lo dicono – dell’ultima fatica del duo londinese passato alla Warp (James Young, Aiden Whalley più aiutini vocali di James Buttery), quest’album è noioso ed inutile. Fuori tempo massimo. Non fatevi intortare da quei corrotti di Pitchfork per favore, non hanno più il senso della moralità (da tempo direi).
Insomma, siamo ancora alla paccottiglia post-hippy alla Panda Bear verniciata di dream-pop? Svenduta sottobanco al mercato nero della dubstep (eggià, la componente elettronica qui è un’aggravante)? A perdonare i plagi concettuali ai Dukes Of Stratosphear (in A Day’s Pay For A Day’s Work proprio non si può!)?
Non siete stufi dell’elettronica pastellata e di robe che si spacciano per intelligenti? Si, proprio alla Animal Collective intendo. Di questo patchworking speziato fino al dolciastro e nauseante che ha invaso l’indie angloamericano rendendolo androgino ed inconsistente? Di quest’esotismo da luna park che violenta con i suoi colori sgargianti ma che irrita ancor di più quando vuole essere delicato e sussurra sottovoce all’orecchio?
Ascoltate il loop vocale di You Don’t Need a Weatherman e fatevi salire la pressione a livelli di guardia. Ma prego, accomodatevi pure e fatevi avviluppare dai filamenti appiccicosi di Bed Music – North View.Lo so che tutto è liscio e tondo e suona bene, ma anche le caramelle che non dovevamo accettare dagli sconosciuti erano così. Quindi fate voi, io preferisco la spudorata ed innocente malizia degli Alt-J se proprio devo oppure andare ad informarmi su cosa ha fatto Thom Yorke negli ultimi cinque anni. No vabbè, non arrivo a tanto, però il segnale è forte e chiaro e non ci sono più scuse.
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autore: A.Giulio Magliulo