Saper stare al passo con i tempi, cambiare stile musicale senza perdere mai la rotta e mantenere una propria originalità non è cosa da tutti. L’artista archetipo di questo approccio è David Bowie e i Barabba hanno imparato molto bene la lezione. Il trio marchigiano (Jonathan Iencinella, Riccardo Franconi e Nicola Amici) negli ultimi due decenni hanno militato in alcune delle migliori band italiane di noise rock e dintorni (Guinea Pig, Lebowski, Jesus Franco & The Drogas, Lazzaro e Le Ossa, Kaouenn) e insieme hanno già condiviso l’esperienza dei Butcher Mind Collapse tra il 2005 e il 2013.
Nel 2019 hanno deciso di cambiare genere appendendo al chiodo (speriamo temporaneamente) chitarre distorte e batterie tonanti dando vita a un progetto musicale con il quale utilizzano beat elettronici miscelati al rap, trip hop, trap, black music e soul; in sostanza tutti questi generi fanno da sostrato ad un’ottima musica d’autore.
Barabba è un progetto che prende spunto da un personaggio cinico e disilluso, anima tormentata che fatica a confrontarsi con la “normalità”, mette in scena i propri psicodrammi in una specie di continuo flusso di coscienza raccontando di ansie, fantasmi personali e quotidiane miserie emotive.
“Primo tempo” è poco più di un Ep, dato che vi sono contenute sei canzoni in 26 minuti. Il trio parte con l’electro-rap sintetico e scandito di “Un altro”, brano esistenzialista sul desiderio di essere qualcun altro e osservarsi dalla prospettiva di un altro. A seguire il rap sentimentale di “Bastare a me stesso” brano intenso e ragionato sulla fine di una coppia. Con “Momo” i marchigiani costruiscono l’alter ego di Barabba, perché in esso vengono convogliate le nevrosi di chi è in fuga continua e si sente sempre in pericolo. La traccia in questione è impreziosita dal sax di Tommaso Uncini.
Le inclinazioni bristoliane però emergono prevalentemente nella rarefatta e spezzettata “L’ultima mano”, dotata di un testo molto profondo ed esistenzialista, con alla voce Caterina Trucchia. Invece Giovanni Succi offre la sua voce al secondo brano sentimentale, il rap/trip hop di “Quei due”, mentre con “Bianco Natale”i nostri danno sfogo alla parte più sarcastica.
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autore: Vittorio Lannutti