Ritorna il collettivo Luther Blissett (quelli dei romanzi che divennero autentici casi letterari come Q, 54 o Mani Tuana? Non è dato saperlo!) esce con un disco puramente strumentale, ovviamente anonimo, affascinante nella sua incompiutezza e artigianeria.
Si tratta di 11 pezzi di jazz acido e corrotto in ogni modo, volutamente grezzo e anti-sistema, che colpisce per la sua capacità di catturare sin dal primo brano, Dog in the Garden.
E’ ovvio che un album di questo stile finisca durante l’ascolto per stancare un po’, trattandosi di ripetute prove sonore volutamente stridenti di trombe, fiati, basso, chitarra, dove a volte sfuggono le linee di trama essenziali per gestire un brano dall’inizio alla fine.
Ma quando invece queste linee ci sono, nonostante le deviazioni e le improvvisazioni sul tema, come in New Thing o D. B. o Mekkanimal, il risultato è davvero di primo livello, affascinante e conturbante, in grado probabilmente di reggere anche alla prova live in maniera eccelsa.
L’anarchismo delle regole voluto e cercato non si trasforma qui in vero e proprio non senso, ma in un puro inno alla libertà musicale. Che è sempre una delle cose più serie che dei musicisti possano fare.
Autore: Francesco Postiglione