Sono tornati: la band che contende agli Editors il titolo di Joy Division redivivi al suo secondo album ha già “spaccato”: Londra letteralmente impazzisce per Ritual, il secondo album di una band che già con To Lose My Life di due anni fa aveva conquistato un successo immediato.
Segno che la New Wave è davvero rinata, e che il sound dei Joy Division, dei primi Cure, ma anche degli inizi dei Simple Minds, troppo spesso sottovalutati a suo tempo, stanno avendo giustizia dalla storia come meritano.
L’album, uscito per etichetta Fiction/Universal, è prodotto da una firma di garanzia: Alan Moulder (già collaboratore di Depeche Mode, Nine Inch Nails, Smashing Pumpkins), bravo nel riuscire a mantenere il sound originario, ormai già un marchio di fabbrica della band, con la necessaria esigenza di evolversi.
Il trio originario di Ealing ha davvero compiuto un ottimo lavoro: pur non mancando qualche sbavatura (un paio di pezzi che non convincono come la troppo poppeggiante The Power and the Glory, o la incompiuta e disunita Is Love), complessivamente non si ascolta un pezzo che non abbia un momento almeno di grande impatto musicale.
Quasi sempre questo impatto è dato dal lavoro del synth, vero protagonista del disco, sin dalle prime note di Is Love, una canzone sugli oscuri arcani dell’amore, dove davvero sembra di sentire la voce cupa e cavernosa di Ian Curtis, che Harry Mc Veigh per fortuna non prova nemmeno ad imitare, uscendogli assolutamente naturale, che svetta su un ritmo elettronico e poche ma meravigliose note synth.
Charles Cave al basso e Jack Lawrence Brown alla batteria si rincorrono e sembrano inseguire piu’ che dettare i tempi alle chitarre e le tastiere, protagoniste anche in Strangers, dove la musica dipinge atmosfere scure e raccolte, ma capaci di esplodere in un attimo con un pop-rock ipnotico di antica fattura che ricorda i Talk Talk.
L’inizio di questa canzone è una delle cose migliori che la New Wave di nuovo stampo abbia prodotto nel nuovo millennio: è un ritorno ai migliori anni ’80 dell’immediato post-punk.
Segue poi il primo singolo, che tuttora impazza nelle radio, Bigger than Us, accompagnato da un video cupo e angosciante, di grande effetto, come pure la canzone, non pero’ (per fortuna) la migliore dell’ambum.
Peace and Quiet è ancora tutta immersa in questa atmosfera, da Cure di Pornography un poco piu’ addolciti, per capirci, mentre Street Lights, Holy Ghost e Turn the Bells sono altri tre piccoli capolavori, soprattutto l’ultima, davvero epica e di suono “antico”, che il ritmo e il synth dominante rendono quasi una cover di Boys from Brazil dei Simple Minds prima maniera, laddove The Power and the Glory non convince troppo.
L’album esplode il suo canto del cigno con Bad Love, canzone dalla struttura complessa e varia, ritmicamente e per melodia, forse la piu’ difficile e bella del disco, prima di lasciare l’ascoltatore con una ballata elettrica alla Depeche Mode, Come Down.
Le citazioni sono tante ma i White Lies non sono epigoni, nemmeno dei tanto amati e richiamati Joy Division: piuttosto suonano come suonerebbero oggi i Joy Division dopo aver superato il grunge e essersi tuffati nell’indie contemporaneo. Non li imitano, ma ne conservano lo spirito, mescolandolo con quanto di meglio hanno lasciato in eredità agli anni a venire band come Talk Talk e le altre già citate.
Ritual, studiatissimo per essere sin da subito un successo, non ha deluso le aspettative nemmeno dal vivo: presentato il 22 novembre ai magazzini di Londra, ha fatto registrare il tutto esaurito del live in pochi minuti. Forse un po’ troppo per una band che puo’ ancora crescere, soprattutto a giudicare da alcuni passaggi incompiuti e da momenti musicali che sembrano contenere un talento non ancora del tutto espresso con completezza.
Il giudizio finale i fan italiani (e gli amanti del genere e della buona musica sinth-rock) potranno darlo il 12 marzo all’Estragorn di Bologna, dove già si prevede il tutto esaurito. E c’è da giurare che quest’estate li rivedremo, magari nei nostri festival…
La tracklist:
1. “Is Love” 4:52
2. “Strangers” 5:24
3. “Bigger Than Us” 4:43
4. “Peace & Quiet” 5:54
5. “Streetlights” 5:00
6. “Holy Ghost” 4:22
7. “Turn the Bells” 5:04
8. “The Power & the Glory”5:13
9. “Bad Love” 3:58
10. “Come Down” 3:10
Autore: Francesco Postiglione
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