Giancarlo Frigieri, uno dei migliori cantautori della generazione dei quarantenni a differenza di quasi tutti i suoi colleghi ha fatto un percorso in modo ostinato e contrario, per quanto riguarda i rapporti con il mondo discografico. Dopo aver militato nei Julie’s Haircut ed essere stato il leader dei mai troppo lodati Joe Leaman, ha intrapreso una carriera solista producendosi da solo i suoi dischi, mantenendo così un’invidiabile indipendenza, dato che non ha dovuto fare nessun compromesso.
Nell’intervista leggerete il motivo per cui “Close your eyes about beauty”, “L’età della ragione”, “Chi ha rubato le strade ai bambini?” e l’ultimo (nonché miglior lavoro del cantautore di Sassulo) “I sonnambuli” non hanno nessun logo.
Senza un’etichetta e senza un’agenzia di booking per un’artista italiano oggi è difficile farsi strada, ma per fortuna Frigieri ha comunque un buon seguito, come merita.
Perché ti ostini a produrti da solo i dischi?
Perché la classica etichetta indipendente italiana non fa altro che pagarti la stampa di 1000 copie (circa 1300 euro, al prezzo corrente di mercato) vendendo poi a te musicista ogni singolo disco a 6 euro al pezzo. Se compri 250 pezzi in pratica è come se ti fossi pagato tu la stampa del disco, con la differenza che se ne vuoi ancora devi pagare. Il giorno che arriverà qualcuno a proporre qualcosa che concretamente sarà qualcosa di più di questo giochetto da scemi sono disposto a sedermi ad un tavolo e parlare. La classica major ti contatta tramite un agente di zona che ti dice che ha bisogno di una foto e un curriculum. Il tipo non sa chi sei, non ti ha mai visto suonare dal vivo. Però vuole una foto e un curriculum. Evidentemente cerca un geometra, un ragioniere, una cosa così. Non fa per me, io un lavoro ce l’ho già ed è un settore decisamente meno in crisi della discografia. Che è in crisi proprio perché si mettono sotto contratto cantanti o gruppi senza averli mai sentiti, ma solo perché hanno una bella foto o un bel curriculum. Il giorno che un agente capirà che per sapere quel che ho fatto basta digitare su Google e che per sapere come sono basta venire ad un mio concerto, sono disposto a sedermi a un tavolo e parlare.
Come stanno andando le vendite de “I sonnambuli”? Sei soddisfatto delle vendite e dei concerti che stai facendo?
Si, sono soddisfatto. Noto un livello di attenzione superiore alla media e anche per quanto riguarda i numeri del banchetto direi che andiamo molto bene. Il fatto di non avere un’agenzia di booking fa si che ci siano posti con un certo blasone che magari non ti considerano, ma questo è un piccolo problema.
Cosa ti spinge ad avere uno sguardo sarcastico sul mondo che ti/ci circonda e che probabilmente ti ha spinto a scrivere testi eccellenti come “La gente” e “Controesodo”?
Non so quale sia la natura del mio sarcasmo. Credo che alla base ci sia una forte disillusione nei confronti di quello che la vita sembra a volte offrirci, il che non significa che io non sia una persona gioviale ed allegra, all’occasione. Solo che, per parafrasare Vecchioni, “quando mi sento allegro, esco”.
Quali sono i cantautori classici italiani cui fai riferimento e che hai ascoltato maggiormente in vita tua?
A parte la coppia Gaber/Luporini, il primo Bennato, l’inevitabile Battisti e De Gregori, credo che le mie influenze musicali siano da cercare decisamente altrove.
Un giorno tornerai a fare il rock che suonavi con i Joe Leaman?
Credo onestamente di essere ancora “piuttosto rock”, specialmente dal vivo. Tuttavia i Joe Leaman non si riuniranno, salvo che qualcuno non lo chieda sul letto di morte o cose così. Oggi ho anche un gruppo con il quale faccio musica rock abbastanza classica, cantata in inglese e un sacco di cover. Ci chiamamo James River Incident, come una canzone di Steve Wynn e ricordiamo un poco quelle sonorità lì.
Ti trovi meglio con l’italiano o rimpiangi qualcosa di quando cantavi in inglese?
No, con l’italiano sto benissimo. E’ stato come rinascere, non so se riesco a rendere l’idea.
Per scrivere un testo come “L’arrivoluzione”, quanti ‘compagni’ ti hanno deluso? Immagino che ormai abbia un atteggiamento disincantato verso chi si pone a capo di un movimento politico…
Non mi interessa assolutamente stare a sinistra o a destra. La ritengo una enorme conquista. Quando mi capita di parlare con un “tifoso” della politica smetto dopo cinque minuti. Non mi piace perdere tempo.
Secondo te il personale è anche politico, e viceversa, oppure sono due dimensioni che vanno tenute separate?
Credo che ogni scelta che facciamo debba avere una ragione che sia autenticamente nostra, così che possa riflettersi sul mondo intero.
Pensi che in Italia ci siano cantautori under 40 che meritino attenzione?
Non solo cantautori. I Vintage Violence di Lecco, i Gazebo Penguins di Correggio, i Fine Before You Came…sono i primi esempio che mi vengono in mente. Credo che dovrebbero avere orde di fans sotto casa. Purtroppo non succede.
Quali sono i colleghi di cui hai maggiore stima?
A parte quelli sopra elencati, direi Davide Tosches, Umberto Palazzo, i miei amici Julie’s Haircut e una marea di altri che ora non mi vengono in mente e che magari si incacchieranno per questo.
Ci parli della tua amicizia con Chris Eckman dei Walkabouts? Farete qualcosa insieme?
Gli scrissi per fare un sette pollici insieme facendogli sentire la mia musica. Disse di sì, ci trovammo per suonare in un paio di concerti e sembrava che suonassimo insieme da una vita pur non avendo fatto nessuna prova. Non capita tanto spesso. E’ tanto che mi dice che devo andare da lui a registrare, ma far quadrare lavoro, registrazioni, distanze, soldi….non è facile. Lui è semplicemente un musicista straordinario e una persona umile e splendida. Tutti quei musicisti che mandano in giro messaggi del tipo “Caro gestore di locale” o cose del genere dovrebbero imparare da gente così, invece di stare sempre a piangere.
Autore: Vittorio Lannutti
www.miomarito.it/