Tom Waits ha pensato bene di farci passare delle felici feste di fine anno producendo e pubblicando per la Anti Rec. “Orphans: Brawlers, Bawlers & Bastards”, un triplo cd di brani estratti dal suo catalogo e quello personale della moglio Kathleen Brennan.
Difficile credere che questo ghiotto flusso di coscienza ispirativa, 56 songs di cui 30 new recordings, veda la luce per la prima volta.
Occorre dirlo? Si tratta di brani che neanche per un attimo segnano un calo d’ispirazione e d’interesse per l’ascoltatore e che sublimano volti diversi della sfaccettata arte americana di Waits: chi lo ama li conosce bene! Il blues prima di tutto: Brawlers, il primo cd è intriso di blues sino al midollo, blues come solo Tom sa cantare, rabbiosi, stizzosi, colmi di malinconia cosmica e faringite cronica!
Blues che distrugge qualsiasi estetica scolastica del come si dovrebbe cantarlo, blues catarrosi e scheletrici come “Ain’t Goin’ Down To The Wel” firmato Leadbelly e Alan Lomax (maltrattato e trashizzato), “Low Down” o il traditional “Lord I’ve Been Changed” nei quali l’armonica sussultante e palpitante del veterano Charlie Musselwhite e la chitarra aguzza del solito insostituibile stregone Marc Ribot disdicono tutti gli impegni: hanno appuntamento con Tom ed il diavolo presso fatidici crossroads per ricalcare con lui le orme di uno che il blues del delta del Mississippi e di Howlin’ Wolf lo stravolse come mai nessuno prima, rendendolo poltiglia inudibile ed ululante, quel Don Van Vliet meglio conosciuto come Captain Beefheart.
Come il capitano il Waits di Orphans è un lupo allo stato brado, libero di dilaniarci l’anima come e quando vuole!
Quelli di Brawlers sono incazzamenti blues che ignorano la fredda logica tecnica accademico/borghese dei masters…che a cantarli vorrebbero insegnare (che Dio perdoni coloro che ne sono convinti!). Gente!!! Waits ci ha insegnato dai suoi esordi che se non si inseguono con masochismo per materializzarli i propri fantasmi esistenziali, se non si svuota l’anima dalla zavorra quotidiana con la stessa urgenza di un defecamento da diarrea nel primo cesso a portata di mano, se non si sanno trasformare i limiti delle corde vocali in paurosi rantoli fuligginosi, il blues rimane una chimera.
Godetevi perciò sino allo sfinimento il primo dischetto zeppo di stomp-blues catacombali, rachitici, sghembi come “2:19, Fish In The Jailhouse”, ma anche del rockabilly malato di “Lie To Me” e “All The Time”, dello sgraziato folk-hip hop (ebbene sì!) di “Lucinda”, del banjou paludoso di “Puttin’ On The Dog”, del desolato boulevard di “Road To Peace”, del raw-spiritual di “Walk Away”.
Bawlers secondo cd, è florilegio di ballate rassegnate ma stizzose, claudicanti, a tempo di valzer, commoventi, crudeli che fanno della povertà strumentale e del trionfo del lo-fi le loro armi vincenti, come del resto anche gli altri due cd.
Un violino, poche parche percussioni, fiati accorati, e a farci piangere il timbro perennemente arrocchito del signor Waits; il suo vocione scostante e colmo di tenero pathos è come una pellicola cinematografica: vi scorrono mille vite, mille grandi e piccoli sentimenti e risentimenti, mille storie di ordinaria miseria quotidiana.
Naturalmente alcune ballate mi fanno piangere di più: “Widow’s Grove”, dal mood irish-folk, la minimale “If I Have To Go, Fannin Street” (che pare una romantica outtake dei primissimi acerbi lavori di Tom), la disperata e ruggente “Down There By The Train”.
Il terzo cd Bastards invece travolge con gli esperimenti ‘bastardi’ del passato a cominciare dagli innamoramenti mitteleuropei d’annata della marziale “What Keep Mankind Alive” di Weill/Brecht, rudi e sgraziati poetry minimali tratti da Bukowsky (Nirvana), Jack Kerouac (Home I’ll Never Be), Children’s Story dal Woyzeck di Georg Buckner sino alle misteriose disquisizioni sugli insetti di Army Ants tratte dalla World Book Enciclopedia; omaggi a lapalissiane icone letterario/esistenziali di Tom, sproloqui appoggiati su larvati e deraglianti tessuti sonori dal sentore di fetidi underground ferroviari/metropolitani, magari concepiti con quei musicisti ‘bastardi’ che lo seguono come cani ‘sotto la pioggia’ proprio in quella officina meccanica che Tom ama più di sua moglie e della sua musica, e dalla quale Kathleen è riuscita (per nostra fortuna!) a distoglierlo: se Tom avesse, come voleva, abbandonare per essa la scena avremmo perso uno dei pochi autentici perversi genii musicali ancora in circolazione.
Ed ancora, a sorpresa, in ordine sparso; due omaggi ai fratellini Ramones : il punkaccio anomalo e sporchissimo di “The Return Of Jackie And Judy” su Brawlers, l’agrodolce “Danny Says”, colma di romanticismo suburbano su Bawlers. L’epica e struggente ballata “Sea Of Love” (Khour / Baptiste), gli anni ’50 maltrattati ed iniettati di vetriolo, “On The Road” con parole di Kerouac, ennesima genuflessione alla beatnick generation di cui è figlio legittimo sin dagli inizi della sua carriera (Closing Time, Heart Of Saturday Night, Nighthawks At The Diner…) , la fangosa e torbida “Buzz Fledderjohn” (sembra registrata in una pausa di lavoro nei campi nel cortile di una vecchia fattoria del Sud degli States tra armonica, dobro e cani che abbaiono), il gospel etilico “Rains On Me” composta insieme al vecchio compagno di sbronze Chuck Weiss: ‘ ..everywhere i go it rains on me!’.
Che ci vuoi fare Tom…la vita non è facile per nessuno!
Sempre per quanto riguarda Waits vi consiglio caldamente un DVD tedesco, “Burma Shave” (Ace Ent.) in circolazione negli ultimi mesi del 2006, con registrazioni live e brani risalenti alla seconda metà degli anni ’70: sto parlando di album epocali come “Nighthawks At The Diner” (1975), “Small Ch’ange” (1976), “Foreign Affaire” (1977) e “Blue Valentie” (1978) e di un Waits allora sbalorditivo crooner jazz/blues tutto bourbon & cigarettes!
Eccezionali versioni recitate e spoken words di “Summertime” e “Burma Shav”e su lenti tappeti bluesati e jazz da brivido…Tom confuso e vacillante, prolisso, sigaretta incollata al labbro, capelli arruffati…un lampione, brandelli sputati e catarrosi di Romeo che sanguina, On The Nickel, Annie é tornata in città, Una cartolina di natale da Minneapoli e Vorrei essere a New Orleans !
Tanti medley; persino Silent Night: perciò un ottimo regalo per le feste natalizie a chi volete bene!
Le immagini sono sgranate ma chi se ne frega….l’effetto nebbia giova decisamente a questo Waits d’annata perso nelle sue romantiche e disilluse storie d’amore suburbane e in faticosi risvegli da nottate jazz in clubs di infima categoria.
Autore: Pasquale Boffoli
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